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"La coscienza del cristiano è impegnata a proiettare nella sfera civile i valori del Vangelo" ____________________________________________________________________________________________________________________

giovedì 25 dicembre 2008

Natale 2008 - Omelia

Da alcuni anni l’altare della chiesa diventa la grotta di Betlemme dove trovano posto i protagonisti del fatto, Maria, Giuseppe, il Bambino, l’asino e il bue; da-vanti all’altare, sui gradini che scendono verso la navata trovano posto i pastori prima e i magi poi; ma dai gradini il presepio deborda nella navata stessa, come per abbracciare e includere in sé tutti coloro che sono venuti magari convinti di festeggiare un compleanno, o perché richiamati da nostalgie di infanzia, o perché, segnati dalla vita, provano anche questa possibilità di un eventuale momento di serenità. Ma ciò che voglio aiutare a capire con questo semplice strumento è la sostanza del Natale: il Figlio di Dio si è fatto carne, si è fatto uomo, ha amato la vita dell’uomo, oserei dire che ha “invidiato” la nostra vita, tanto da volerla condividere; ma si è fatto carne nel “verso” della storia dell’uomo, non nel “dritto”! Come quando contempliamo un arazzo: è solo il confuso, caotico, apparentemente irrazionale e brutto a vedersi intreccio di fili del “verso” che dà corpo alla bellezza, alla nitidezza, alla gioia di guardare finalmente il “dritto”. Così è per il presepio, con i pastori, i poveri, gli emarginati, i moralmente indegni, e poi i Magi, seguaci di un’altra religione o “liberi pensatori”… o meglio per l’evento rappresentato dal presepio: una festa che include, una festa che abbraccia tutti quale che sia la condizione di vita di ognuno. E così Natale diventa l’occasione per ripensare alla luce di questo mistero gli eventi e gli avvenimenti che hanno segnato la nostra vita, la nostra coscienza lungo questo anno, e che ci portiamo dentro anche mentre siamo qui e guardiamo qualcosa che forse non comprendiamo fino in fondo, non sappiamo se davvero c’entri con la nostra vita quotidiana, con le ansie e le paure che ci portiamo dentro anche in questa notte, con i nostri cuori magari feriti da cose che non possiamo semplicemente cancellare o dimenticare, neppure per un’ora: le nostre scelte di vita, i nostri sbagli piccoli o grandi, le ferite che abbiamo procurato a noi stessi o agli altri…
E penso che dopo il segno del presepio, della stalla di Betlemme, di un Bambi-no sulla paglia, lo stile del Figlio di Dio fatto carne non è cambiato: la sua mis-sione finirà su una croce; e anche l’evento “inaudito” della sua risurrezione non sarà seguito dall’inaugurazione vittoriosa del suo Regno, ma da un “cantiere” per la costruzione di questo Regno, che è la Chiesa. Così la composizione sociale dei testimoni del messaggio di Cristo non cambia; pastori, pescatori, uomini e donne carichi dei limiti della natura umana, a volte poveri di vera umanità… Scrive il card. Martini: «Un tempo avevo sogni sulla chiesa. Una chiesa che procede per la sua strada in povertà e umiltà, una chiesa che non dipende dai poteri di questo mondo. Sognavo che la diffidenza venisse estirpata. Una chiesa che dà spazio alle persone capaci di pensare in modo più aperto. Una chiesa che infonde coraggio, soprattutto a coloro che si sentono piccoli o peccatori. Sognavo una chiesa giovane. Oggi non ho più di questi sogni…». Nel mondo occidentale, un gran numero di comunità stanno "morendo" spiritualmente. Per molti battezzati il cristianesimo si riduce a poco più di un ornamento, a un abbellimento di momenti emergenti della propria storia di vita. La Chiesa diventa una specie di azienda che offre dei servizi in vista dell’elevazione religiosa della vita. Le persone non sono forse alla ricerca del senso della loro vita? La Chiesa dovrebbe offrire ad esse un aiuto. Lo deve fare. Però ciò non dovrebbe verificarsi secondo il modello dei nostri grandi supermercati, dove ognuno gira col suo carrello e sceglie la merce che gli aggrada e di cui ha bisogno. Nell’enorme supermercato, qual è diventata la nostra società, si trova, vicino alla pressoché incalcolabile offerta di prodotti, anche un angolino nel quale vengono offerti ai singoli dei prodotti "religiosi". Il cristianesimo non è in primo luogo una dottrina o una serie di norme morali, una serie infinita di no come pare essere la morale “gridata” dalla Chiesa di oggi, ma una storia vivente, alla quale possiamo prendere parte. Molti cristiani non riescono più a credere che anche oggi Dio agisce in mezzo a noi. Ma che Dio anche oggi agisca alla stessa maniera di allora, che egli voglia agire nel mondo per mezzo nostro e delle nostre comunità, tutto ciò è diventato per molti battezzati com-pletamente estraneo. Essi percepiscono le storie bibliche come storie lontane, che appartengono al passato e che non hanno quasi più niente a che fare con la loro vita. Non vi è mai stato un tempo nel quale si sia avuto un così ampio spazio per l’insegnamento della religione, così tanta didattica dell’ insegnamento religioso e un così grande lavoro di formazione biblica come si ha oggi, e così tanta informazione “religiosa”, o meglio, sulla Chiesa. E tuttavia la fede svanisce sempre di più. I Vangeli informano sul modo con cui Gesù incontrò degli uomini e delle donne. Gesù ha radunato delle persone e con esse, che non erano né dei santi né dei geni particolari, ha dato origine a qualcosa di nuovo. La cosa più importante, anche oggi, consiste nell’ascoltare e nel guardare là dove Iddio crea qualcosa di nuovo. Egli infatti continua ad agire. La miseria della Chiesa sta anche nella sua superiorità arrogante nei confronti della pluralità di culture e di modi di pensare di questo tempo.
Ci sentiamo avvolti dalla complessità ma dobbiamo leggere i drammi e le spe-ranze che viviamo e ci portiamo dentro. Ogni giorno ci accompagna il pensiero delle migliaia di persone uccise dalla fame, dalla sete, da mancanza di medicine a causa della ingiustizia strutturale provocata dal disumano sistema economico. E insieme viviamo lo sconcerto per le tante forme di violenza, per la fabbricazione e il commercio delle armi, per le guerre insensate, omicide, distruttive, per le diverse forme di terrorismo.
Non posso passare sotto silenzio la grande preoccupazione per l'accresciuta o-stilità nei confronti dell'altro, dello straniero, del nomade, di chi fa più fatica a vivere per tribolazioni psichiche e fisiche, per condizioni di marginalità di cui il carcere è istituzione emblematica. Sento nitidamente la presenza del razzismo in dichiarazioni e proposte politiche in un clima diffuso che si esprime negli sguardi, nelle parole, negli atteggiamenti della quotidianità. È razzismo culturale la proposta di classi differenziate di alunni stranieri e italiani perché riconosce la diversità per discriminarla, con un segno indelebile nell'animo dei ragazzi come il propugnare odio contro le moschee, espressione di un diritto di libertà religiosa che è diritto fondamentale della persona. E' razzismo politico non riconoscere pari diritti e opportunità insieme a uguali doveri alle persone immigrate fra noi. Esprime una visione della società davvero grossolana e illusoria l'attribuzione di un potere salvifico, per altro molto costoso, alle telecamere e alla video sorveglianza che garantirebbero la nostra sicurezza; invece di porre attenzione, e su questo investire, alla formazione delle coscienze, ad esperienze culturali di relazione, di reciprocità, di inclusione. Non posso non constatare la demagogia e l'incoerenza fra promesse massimaliste di espulsione di tutti gli stranieri irregolari e poi la presenza di circa un milione di loro irregolari per la legge, ma regolari per il mercato del lavoro, necessari a questo sistema economico. Possiamo forse dimenticare la preoccupante crisi economica che può risultare drammatica per centinaia di migliaia di lavoratori, per fasce intere della popolazione che già si trova in situazione di povertà?
In questo periodo tre date significative illuminano il presente e il futuro: il 70° anniversario della promulgazione delle leggi razziali da parte del regime fasci-sta; è giusto e doveroso ripensare a come siano state preparate e accettate, alle complicità e ai silenzi di tanti che non si sono opposti; coinvolge nella re-sponsabilità della vigilanza e della denuncia di parole e atteggiamenti che sembrano far eco a quelle decisioni così discriminatorie, sprezzanti e disumane.
C'è poi il 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che evidenzia la possibilità di bene dell'essere umano nell'intuire, prospettare e di-chiarare i principi di una umanità veramente umana e nello stesso tempo l'in-coerenza ad attuarli nelle scelte personali, istituzionali e politiche.
Ed infine sta per concludersi l'anno del 60° anniversario dell'entrata in vigore della nostra Costituzione Repubblicana, la magna charta di una democrazia ri-spettosa dell'unità nella diversità, di un'autentica uguaglianza di diritti e doveri tra tutti i cittadini, del ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie tra i popoli.
I diritti fondamentali delle persone riguardano la vita e la morte nel loro intrecciarsi continuo. Situazioni emblematiche, di cui i mezzi di informazione si sono ampiamente occupati, provocano in noi una riflessione sofferta e rispettosa della storia delle persone e alcuni interrogativi etici laceranti. Il primato oggettivo della "verità", comunque sempre da cercare ed approfondire, è tale da sopprimere la libertà di coscienza personale? E come questa può essere rapportata al sentire di una società, nel pluralismo delle ispirazioni e delle convinzioni? La sacralità della vita riguarda la sua totalità: la corporeità e la dimensione profonda dell'anima, dello spirito. L'attenzione e la cura alla vita umana inducono ad una prudenza nei confronti della scienza e delle sue tecnologie, a una sorta di timore che non intende limitare la ricerca e la sperimentazione, ma continuamente riporre la questione etica, senza apriorismi e fanatismi. Tanti, troppi sono stati colpiti dalla sconcertante presa di posizione delle gerarchie vaticane, che hanno fatto dire ad alcuni che il Vaticano preferisce che gli omosessuali vengano impiccati, pur di non correre il rischio che si sposino civilmente. Che c’entra questo con la “libertà religiosa” e con il “rispetto della vita”? L’incarnazione del Figlio di Dio è un invito ad essere pienamente umani, mai disumani. E certe posizioni che suonano contro l’umanità inficiano anche quell’enorme prestigio morale che la Chiesa si era guadagnata con Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II, insieme a tanti coraggiosi ed eroici vescovi, preti e laici. Forse c’è l'esigenza di porsi molto di più in ascolto della vita e di tutte le sue situazioni e per questo di aprirci con rispetto a diverse possibilità.
O ci sono questioni morali che non sono di competenza della libertà di coscienza di ciascuna persona? E davvero ci si può sostituire a Dio affermando di conoscere la sua volontà riguardo alla sofferenza e alla morte delle persone? E perché non vivere con lui una relazione di fiducia, di accoglienza del nostro vivere e morire, di una vita che continua diversamente nel suo Mistero?
Come prete sono preoccupato per la “religione civile” che si sta affermando, che rende la Chiesa necessaria a questo sistema come il sistema lo è per la Chiesa; essa in questo rapporto perde la forza umile della profezia, la fedeltà e il coraggio nell'annuncio e nella testimonianza del Vangelo. Gesù di Nazareth ci rivela continuamente il Dio incarnato, il Dio della storia, delle relazioni, dell'accoglienza, del perdono, della guarigione, della salvezza nel senso più profondo e pieno della parola.

Colgo però dentro alla complessità i segni di una speranza ragionevole nell'im-pegno quotidiano e fedele di tante persone, famiglie, comunità che giorno dopo giorno esprimono amore, amicizia, disponibilità all'accoglienza dell'altro, gratuità; e nei luoghi di lavoro una professionalità motivata, competente, significativa. Ricordo coloro che in diversi luoghi per questo rischiano la vita e che continuano ad esprimere la loro idealità e il loro impegno dopo aver subito violenze, oppressioni, uccisioni di familiari e amici superando il dolore e facendolo diventare proposito di riscatto, di giustizia, di verità, di lotta contro l'impunità. Riconosco come un segno dei tempi l'elezione di Obama, l'entusiasmo della gente che ha riconosciuto in tale evento la realizzazione del "sogno" di Martin Luther King, un afro-americano Presidente degli Usa, capace finora di un linguaggio che unisce idealità e concretezza, speranza e dinamismo. La realtà dunque non è immutabile, i realisti e i cinici non sempre hanno ragione: l'audacia nella speranza è indispensabile per coinvolgerci ed impegnarci a contribuire ad una umanità umana.
Si dovrebbero favorire situazioni nuove: è positivo il movimento dei giovani studenti delle Scuole superiori e dell'Università perché ricco di motivazioni, di contenuti, di modalità non violente, propositive: il desiderio di esserci, di po-tersi esprimere sul proprio futuro chiedendo di non essere estraniati e derubati, dell'esprimere il protagonismo positivo della vita, della ricchezza di idealità, di disponibilità, della richiesta di attenzione, di ascolto, di interlocuzione. La mancanza di risposte o la loro ottusità e grossolanità esprime mancanza di prospettiva, di speranza, opportunismo, calcolo, cinismo. Stiamo con i giovani, partecipando alle loro paure, difficoltà, tribolazioni, alle loro speranze, alle loro potenzialità positive. Riponiamo in loro fiducia e siamo loro grati perché ci aiutano a guardare la vita, la storia, la fede anche con i loro occhi, il loro cuore, la loro intelligenza dinamica.
Mi sento di condividere con tutte le donne e tutti gli uomini fatiche, tribolazioni, speranze; con chi vive l'esperienza esplicita della fede in dialogo e collaborazione con le donne e gli uomini delle altre fedi religiose; e con chi senza chiamare Dio per nome o senza riferirsi a Gesù Cristo si riconosce nei nomi con cui la loro presenza è indicata nella Bibbia, nei Vangeli così come nelle altre fedi spirituali: giustizia, pace, accoglienza, perdono, verità, disponibilità, gratuità, fedeltà, coerenza.
La memoria provocatoria e consolante del Natale, di Dio che si fa totalmente uomo entrando nella storia dalla periferia, dalla grotta degli animali, non dal centro del potere politico-economico-militare-religioso, ci coinvolge nella pro-spettiva e nell'impegno di una società e di un mondo più giusti, di una Chiesa più evangelica ed umana. dwf

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