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"La coscienza del cristiano è impegnata a proiettare nella sfera civile i valori del Vangelo" ____________________________________________________________________________________________________________________

mercoledì 15 luglio 2009

Quando muore un soldato

Due ottimi interventi di Tonio Dell’Olio

Otto lunghissimi anni in Afghanistan avrebbero dovuto essere sufficienti a far comprendere che la presenza in armi in quel Paese da parte dell’occidente non solo non è utile a nessuno ma rischia di diventare dannosa o tragica per tutti. Se dopo otto anni ci ritroviamo a piangere la morte di un altro giovane e il sentimento del dolore si mescola a quello della rabbia, significa che la pressione militare non può essere l’unica risposta o che quanto meno da sola si rivela insufficiente.
Il corpo senza vita di Alessandro, 25 anni e tanta voglia di vivere, ci urla di rivedere le nostre risposte e gli strumenti del nostro intervento e della nostra presenza nelle zone di crisi del mondo. La risposta del ministro della difesa è vecchia, superata dai fatti, paradossale. Non si può pensare ancora che la soluzione possa consistere nell’aumentare l’efficienza di mezzi e strumenti di guerra.
Caro signor ministro e se invece questa volta giurassimo sulla vita di Alessandro di invertire la tendenza fin qui seguita e rafforzassimo la cooperazione? Se decidessimo di destinare alle popolazioni afghane le garanzie di sviluppo e di benessere che i Taliban non sono in grado di offrire, forse avremmo vinto insieme la prima battaglia. Taglieremmo l’erba sotto i piedi del terrorismo e creeremmo un consenso maggiore di quanto non riescano a fare le armi.

15 luglio 2009 (http://www.peacelink.it/mosaico/a/29932.html)


Ma cos’è sto G8?

G8 pacchetto azionario di maggioranza della Banca Mondiale in grado di condizionare l’economia e la finanza di tutti i Paesi. Di condannare a morte o richiamare in vita gli abitanti di un’intera regione del mondo.
G8 tappeto rosso del potere, Holliwood della politica, festival di quelli che contano per davvero o che credono di contare.
G8 che sa di non bastare più a se stesso perché la Cina non è vicina: è andata oltre; l’India s’è fatta strada; il Brasile è leader continentale.
G8 che detta le regole del mercato mondiale sempre a favore dei soliti noti e grandi elettori.
G8 di Genova 2001, due mesi prima della strage delle Torri Gemelle non fiuta l’aria, redige un documento finale nel quale la parola terrorismo non appare nemmeno di striscio.
G8 vetrina buona, club dei ricchi, status simbol del potere, buono per una foto ricordo e per dire “io c’ero!”.
G8 sfarzo e spreco.
G8 è l’automobilista romano incazzato, incastrato nel traffico che urla: “Buffoni, statevene a casa invece di rompere le palle alla gente che lavora”.
G8 in visita allo zoo umano della tragedia abruzzese e gli abruzzesi non sono d’accordo.
G8 novanta per cento della produzione e del commercio di armi.
G8 strette di mano e pacche sulle spalle.
G8: la gente, i drammi, la miseria ma anche le speranze sono altrove.

9 luglio 2009 (http://www.peacelink.it/mosaico/a/29901.html)

venerdì 10 luglio 2009

Trasferimento... ma nulla cambia!

Poichè la Voce alessandrina ha pubblicato questa mattina l'annuncio del mio trasferimento, cambio parrocchia, del resto da me richiesto, pubblico la lettera di spiegazione che verrà consegnata ai miei parrocchiani per spiegarne il senso. Ma anche a Castelceriolo c'è - oltre al casello autostradale di Alessandria Est - la connessione internet!

Alessandria, 11 luglio 2009 Festa di San Benedetto

Carissimi Parrocchiani,

quando il 3 ottobre 1993 sono stato presentato dal Vescovo Mons. Charrier alla Comunità del Suffragio, a chi mi augurava di restare fino “alla pensione” rispondevo che mi sembrava più giusto restare per 10-12 anni, pena l’invecchiamento delle persone, delle idee, degli entusiasmi. Di anni ne sono passati sedici!
Sento perciò la responsabilità di far sì che vi sia “vino nuovo in otri nuovi”, come diceva il Vangelo nei giorni scorsi! Così già da qualche mese avevo dato la disponibilità al Vescovo per un cambio, utile per me e per la Comunità, dicendogli anche che non mi sarebbe dispiaciuto, né lo avrei sentito come una “diminuzione” o uno scendere “nella carriera”, andare a fare il parroco in un paese, un’esperienza che mi manca... Chi mi conosce sa anche che cosa penso della preoccupazione o dell’ansia di “far carriera” nella Chiesa! L’unica carriera che mi interessa è quella che permette a qualche persona – anche attraverso il mio servizio – di incontrarsi con il Signore Gesù e con il suo Vangelo... Fa carriera nella Chiesa chi sa accompagnare qualche persona – magari nel segreto – “sulla soglia di Dio”: questo credo sia il compito di un prete, compito che lì finisce, perché ciò che avviene dopo, il varcare o no quella soglia, riguarda solo il dialogo personale e filiale tra l’uomo o la donna e Dio stesso...
Al Vescovo che temeva “letture indebite” ho anche assicurato che avrei ben spiegato che lui stesso rispondeva ad un mio desiderio, anche per avere più tempo da dedicare ad altri interessi e iniziative che mi stanno a cuore e che mi portano spesso ad accettare impegni fuori da Alessandria.
Certo che è una scelta che mi costa! Tutti possono comprendere bene che in sedici anni si creano legami profondi e forti, che si consolidano quando si sono vissuti insieme momenti di gioia e di tristezza, quando si sono intrecciati dialoghi (magari più importanti e arricchenti per me che per gli altri, conoscendo i miei limiti), quando si sono avute generosissime collaborazioni e attenzioni, quando molti sono riusciti ad andare al di là dei miei silenzi (ho abbondanza di parole sono nelle omelie e nei dialoghi personali, ma ben poche parole di fronte alle incomprensioni o ai giudizi critici senza la volontà di dialogo vero). Penso che tutti potranno comprendere che cosa comporta a livello personale lo strappo che comunque si verifica – anche se si va a pochi minuti di distanza – negli affetti e nelle amicizie. In occasione della morte di mia madre, dodici anni fa, dissi che la mia unica famiglia (essendo mio fratello e tutti i miei parenti lontani da Alessandria), quella che sentivo come mia famiglia, era proprio la mia Comunità, e sapete che non amo dire frasi retoriche!
Negli anni scorsi, fino a due anni fa, molti altri impegni occupavano la mia vita, portandomi spesso fuori Parrocchia; sono stati gli anni in cui ho avuto la fortuna di poter collaborare intensamente – con quali risultati e quale utilità per gli altri lo dirà il futuro – con il Vescovo Charrier: ho avuto in quegli anni la fortuna di avere l’aiuto prezioso di don Paolo, don Pietro Gandolfo, don Attilio Goggi, don Carlo Gualco e ora anche di don Giovanni Ginevri: soprattutto a loro deve andare la gratitudine mia e della Comunità, perché hanno abbondantemente supplito ai miei limiti, alle mie assenze e anche alle mie trascuratezze. Come a tanti straordinari e competenti laici che sono stati veri collaboratori nell’attività pastorale della parrocchia, di più, persone che sentono una vera corresponsabilità, di cui il prete è servitore e collaboratore, perché l’annuncio del Vangelo e la sua testimonianza sono compito di tutti i battezzati.
Ma ora sento la stanchezza e la mia incapacità: la nostra Comunità ha grandi strutture adatte ai tempi in cui la Parrocchia era come un villaggio dove si viveva il più possibile e si usciva solo per le necessità della vita – il lavoro, la scuola e qualche momento di vita familiare; ora la Parrocchia è sempre più “la fontana del villaggio”, secondo l’immagine profetica di Giovanni XXIII, dove si va ad attingere l’acqua ma poi, sostenuti da questo indispensabile alimento, si vive altrove.
Oggi sento le strutture e gli sforzi che bisogna fare per il loro mantenimento come un peso insopportabile e fonte di ansia continua. Molto abbiamo fatto in questi anni: i portali della chiesa, tutti gli impianti rinnovati, la Cripta, la risistemazione di tutta l’area di nostra pertinenza, spesso spinti da urgenze: credo che quanto mi è stato affidato non sia certamente impoverito perché il valore delle strutture è accresciuto, ma sapete bene che non sono capace né di chiedere – se non per atti di carità – né di amministrare. Vorrei vivere con una sola ansia, quella di predicare il Vangelo, non con quella di pagare le bollette stratosferiche che una struttura così grande comporta...
Non possedevo nulla quando sono venuto al Suffragio; vado altrove vivendo la stessa povertà, anzi, senza neppure il supporto che allora avevo, della piccola pensione di mia mamma. Ma il Vangelo ci insegna che chi “ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha”, senza attendere nulla in cambio se non, a volte, l’ingratitudine...
Perciò sento come necessario lasciare ad altri, più esperti, più competenti e con un nuovo entusiasmo, questi compiti che io non mi sento più in grado si svolgere. Ma credo che il far finta di nulla, il tirare a campare, il trovare piccole soluzioni di tamponamento, provocherebbe un riflesso negativo proprio sulla missione della Chiesa: io sono prete per pensare alla missione di annuncio, di celebrazione e di testimonianza del Vangelo, non per cercare una mia sistemazione: l’ansia della missione, con la necessità di rinnovamento che comporta, di nuove idee, di nuove proposte, di nuovo entusiasmo, deve prevalere sull’ansia di “sistemarmi” guardando alla vecchiaia!
Sono perciò grato al Vescovo per avermi proposto Castelceriolo come nuova Comunità: ha una grande storia, un generoso presente e un’apertura al futuro che diventano altrettanti stimoli al mio impegno. Nella chiesa parrocchiale c’è la tomba di don Carlo Torriani sulla quale è scritto: Giornalista, Sindacalista, Sacerdote. Chi mi conosce può immaginare quale condivisione e sintonia di interessi io vi possa trovare, con la consapevolezza di avere di fronte un gigante per me inarrivabile.
Ma penso anche con stima e affetto alla presenza a Castelceriolo di don Luigi Riccardi, figura luminosa e di riferimento tra i preti alessandrini, che già mi ha rassicurato sulla sua presenza, sulla sua disponibilità e, spero, sul suo consiglio.
Come dobbiamo essere grati al Vescovo per la nomina di un suo stretto e competente collaboratore a nuovo parroco del Suffragio: negli anni scorsi abbiamo condiviso molte attività, molti servizi alla Chiesa, abbiamo coltivato una preziosa amicizia. Don Gian Paolo saprà certamente supplire in molti campi alle mie incapacità o alle mie lacune e dare alla Comunità una ventata di novità. Spero che anche con lui tutti siano consapevoli che il passato è, appunto, “passato” prossimo o remoto. La pastorale della Chiesa è proprio l’arte di trovare vie nuove e adeguate ai tempi per far incontrare gli uomini e le donne di oggi, con la loro storia e la loro cultura, con il Vangelo.
Confido in un ricordo nella preghiera di tutti, un ricordo che diventa così sforzo per raccogliere ciò che di bello, di buono, di significativo posso aver seminato e, insieme, capacità di perdonare gli sbagli, le dimenticanze, le incomprensioni che pure sono una realtà della mia vita. Non voglio scrivere frasi da “testamento spirituale”, perché spero di aver ancora tempo per diventare migliore! Posso solo dire che al di là dei limiti e degli errori miei personali, non mi sono mai messo in un atteggiamento di critica o di giudizio nei confronti delle persone, ma solo ho cercato di voler bene a tutti; credo sia quanto basta per essere perdonato di tutto quello che posso aver sbagliato.
Con affetto per tutti e con fiducia nella mia vecchia e nella mia nuova Comunità, con affetto e fiducia nella Chiesa che più grande delle nostre personali povertà.

don Walter

Il mondo degli altri

Da "Famiglia cristiana" del 5.7.2009.
Intervista di Alberto Bobbio al Cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga


Sul suo capo pende una condanna a morte. I narcos del Centro America, la mafia internazionale che gestisce il più importante business illegale del mondo, hanno deciso che il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras, e presidente della Caritas internationalis, deve morire, perché ha parlato chiaro e ha detto che «il narcotraffico è il più grande flagello dell’America centrale e latina». Ha viaggiato senza scorta, ha attraversato l’oceano col cuore in ansia per venire a Torino a raccontare ai delegati della Caritas italiana, che «il vecchio sistema economico basato sulla cieca cupidigia» va cambiato. Traccia la mappa di un mondo che non ha centrato uno solo degli Obiettivi del Millennio per la riduzione di fame e povertà. Nonostante in Honduras soffiassero venti inquietanti, sfociati nel più drammatico degli sviluppi – il golpe che ha destituito il presidente Manuel Zelaya – non ha voluto perdere l’occasione di parlare di crisi e povertà nel Paese che tra pochi giorni ospiterà il G8, prima di ritornare immediatamente nel suo Paese.

* Partiamo da qui, eminenza, dal G8.

«Mi lasci osservare che la riduzione del 56 per cento dell’aiuto allo sviluppo che il vostro Governo ha previsto per il 2009 non è affatto un buon segno per il summit del G8. Ma la compagnia è assai ampia: solo cinque Paesi al mondo hanno raggiunto l’obiettivo dello 0,7 per cento del reddito da destinare ai Paesi poveri preso 40 anni fa. Ai G8 i grandi della Terra si occupano solo dei propri interessi. Io domando chi si occupa del G168, cioè tutte le altre nazioni».

* Cosa teme?

«Senza giustizia sociale non c’è pace. Temo nuovi conflitti. Nell’agenda dei leader c’è solo la crisi delle grandi multinazionali dell’industria e della finanza. L’unico che parla un linguaggio diverso è Benedetto XVI. Aspettiamo con ansia la sua enciclica sociale».

* Secondo lei sono stati stanziati troppi fondi per le banche e le aziende?

«Solo il Governo americano ha previsto 800 miliardi di dollari, somme enormi gettate in un barile senza fondo. Non so dove arriveremo. Ma il punto, in realtà, non è questo».

* E allora qual è?

«Non sono stati cambiati gli uomini che hanno provocato e non hanno previsto la crisi. Adesso la gestiscono e stabiliscono come uscirne. Così non funziona. Anche i ministri dell’Economia sbagliano. Si concentrano solo a mettere in ordine i sedili sul ponte del Titanic, senza riparare gli squarci dello scafo. E così la nave affonda».

* Quindi l’errore non è stato commesso solo dalle banche?

«No. È l’intero sistema economico che non funziona più e la responsabilità maggiore è dei Governi, che sapevano. Oggi dovremmo tutti avere la saggezza di eleggere Governi che si distinguono perché risolvono i problemi della maggioranza della gente, cioè dei poveri».

* Anche Obama sbaglia?

«Obama ha detto molte cose nuove e positive in campagna elettorale. Ma quando è arrivato al Governo anche lui ha dovuto fare i conti con diversi interessi e fatica a raggiungere i suoi obiettivi ideali. Tuttavia ritengo che Obama ce la farà a cambiare qualcosa, perché ha buone intenzioni. Al recente vertice di Trinidad sull’America latina ha dimostrato un atteggiamento nuovo degli Stati Uniti. Per ora Obama sembra una voce che parla nel deserto. Ma vedo sempre più persone che lo ascoltano».

* Ha parlato anche di riduzione della spesa mondiale per gli armamenti.

«Il problema sono gli Stati Uniti, che spendono più di tutti. Ci vuole qualcuno che dia il buon esempio. Non sarà facile, perché l’industria militare non vede mai crisi, nemmeno, mi lasci dire, in tempi di crisi. È un business molto prospero e molto triste, fonte di scandali enormi e non solo morali, costruiti sul segreto e sulla mancanza di trasparenza. Non sono molto ottimista».

* Chi soffre di più oggi?

«Naturalmente l’Africa. Il 70 per cento del denaro per la sanità arriva da donatori esterni. Se si tagliano gli aiuti si sacrificano vite umane. Ma è solo un esempio. L’Africa sembra interessare solo alla Chiesa. Il Papa è stato una settimana in quel continente, nessun altro leader viaggia per l’Africa. La Chiesa cattolica dedica un Sinodo all’Africa a ottobre. Il resto del mondo ha deciso di abbandonarla al suo destino di morte. Bisognerebbe non dimenticare. Ma non è così ed è un bel guaio».

* Chi ha l’atteggiamento giusto?

«Il Papa e Obama. Sono uomini che dialogano e non dividono il mondo in bianco e nero, ma sanno riconoscere le diverse altre tonalità. Obama ha proposto nel discorso del Cairo un atteggiamento nuovo. Non ha mai pronunciato la parola terrorismo. Oggi chi dialoga è un genio».

* Dove funziona finora?

«In America latina. Noi eravamo ignorati da Bush. Oggi c’è un nuovo dialogo, anche se non tutto va bene. C’è chi tenta di riciclare un vecchio modello ideologico, anche se lo chiama socialismo bolivariano. Non è comunismo, ma solo capitalismo mascherato, perché a pagare sono sempre i poveri».

* C’è solo Chavez e il Venezuela che la preoccupano?

«No. Mi preoccupa il ritorno al pensiero unico, che è un nuovo stile di dittatura. Mi preoccupano gli eccessi infamanti contro la libertà di stampa».

* L’Iran?

«Temo che sia sangue versato inutilmente. Ma la repressione alla fine perderà. In gioco ci sono interessi strategici, più il petrolio che la questione del nucleare, ma su questo si preferisce stare zitti. Tra Teheran e Caracas, due Paesi petroliferi strategici, ci sono voli diretti. Servono per trafficare denaro e armi. Ma nessuno ne parla».

* Chavez non sarà contento.

«Io sono abituato a parlare chiaro. L’ho fatto anche sullo Zimbabwe circa la repressione del presidente Mugabe e non mi hanno dato più il visto».

* La questione ambientale torna nell’agenda internazionale.

«Deve tornare. Nel prossimo vertice internazionale dell’Onu, a Copenaghen a dicembre, è necessario trovare un accordo radicale sulla giustizia climatica: chi inquina deve pagare. Non è moda ecologica perché in gioco c’è la sopravvivenza del mondo. E le Chiese cristiane stanno in prima linea perché sono fedeli alla creazione».

* L’acqua è il problema primario?

«Certamente. L’acqua deve essere considerata un diritto. Non si possono privatizzare l’acqua e le fonti, perché sui diritti umani non si deve negoziare. Ci accusano di essere sovversivi quando parliamo di queste cose. Prima dicevano che eravamo comunisti, ma oggi il comunismo non c’è più. Su queste cose non si può scherzare».

* Anche quando la Chiesa difende gli immigrati finisce sul banco degli imputati.

«Ogni nazione ha il diritto di approvare le leggi che vuole. Ma deve rispettare i diritti dell’uomo. Se si alzano muri non si risolve nulla. L’unico modo di fermare l’immigrazione illegale è aumentare gli aiuti allo sviluppo. Il contrario di quanto ha fatto il vostro Paese».

* I muri non provocano più scandalo.

«Purtroppo è così. Il muro di Berlino era uno schiaffo alla libertà. Il muro in Palestina lo è altrettanto, uno scandalo di cui nessuno parla. Solo il Papa lo ha fatto. Evidentemente c’è una doppia morale. I palestinesi soffrono ed emigrano. Gli insediamenti israeliani in Cisgiordania sono un esempio di ingiustizia. Da 60 anni i palestinesi nascono e crescono in campi di concentramento. Ma si parla solo dei lager nazisti. Obama ha ragione quando dice che la soluzione è solo quella di due Stati. Ma due Stati che si rispettino a vicenda».

* La Cina oggi ha in mano le chiavi dell’economia mondiale. Lei teme il turbocapitalismo cinese?

«Io temo tutte le economie che fanno leva sulla speculazione finanziaria. Pechino tiene in pugno molte economie, a cominciare da quella americana. Finora il mondo ha guardato alla Cina come a un paradiso dal punto di vista finanziario. Io mi permetto di avvisare di stare attenti alle pentole a pressione, perché qualche volta possono esplodere. E oggi il mondo è più convinto che la libertà sia il bene più prezioso. La crisi e la recessione stanno convincendo tutti che non si può guadagnare senza limiti. Il guadagno deve avere limiti, altrimenti provoca l’impoverimento di altri, i quali prima o poi presenteranno il conto. Invece si possono stabilire guadagni equi, senza prendere per la gola i poveri e senza imporre una limitazione della libertà».

lunedì 6 luglio 2009

La gloria di Dio risplende sul volto di ogni persona - Dolore e orrore perchè il razzismo è ormai “a norma di legge”

“Ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25,35). La Parola di Cristo porta a compimento la logica della Scrittura dal Levitico 19,33-34 –“Tratterete lo straniero che risiede fra voi come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso”, al Deuteronomio 10,19 – “Amate lo straniero perché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto”, alla Lettera agli Ebrei 13,2 – “Non dimenticate l’ospitalità, perché alcuni, praticandola, hanno ospitato senza saperlo degli angeli”.

Dolore e orrore. Il 2 luglio 2009 è stata votata una legge che rompe l’unità della famiglia umana e ne offende la dignità, prende piede l’idea che esistano esseri umani di seconda e terza categoria , un popolo di “non-persone”, di esseri umani, uomini e donne invisibili. E’ una perdita totale di senso morale e di sentimento dell’umano; questo accade, nel nostro paese che ha prodotto milioni di emigranti. La legge “porterà solo dolore”, osserva Agostino Marchetto del Pontificio Consiglio dei Migranti.
Il dolore nasce dall’orrore giuridico e civile del “reato di clandestinità”, dall’idea del povero come delinquente e della povertà come reato. La legge votata non è solo contraria alla nostra Costituzione ma a tutta la civiltà del Diritto. Punisce una condizione di nascita, l’essere straniero, invece che la commissione di un reato. Dichiara reato una condizione anagrafica. Infermieri, domestiche, badanti, lavoratori (vittime spesso di morti nei cantieri) o persone in cerca di lavoro e di dignità diventano delinquenti. A questo punto, quanti stranieri frequenteranno un servizio sociale o si rivolgeranno, se vittime della “tratta”,ad associazioni volontarie o istituzionali, forze di Polizia comprese, oggi messe in un angolo dalla diffusione delle cosiddette “ronde”? Quanti stranieri andranno a far registrare una nascita, si presenteranno in ospedale per farsi curare? Quali gravi conseguenze questo potrà produrre sulla salute di tutti i cittadini è già stato evidenziato da moltissime associazioni di medici. Siamo il paese di Caino?Abbiamo una legge cattiva che ostacola i matrimoni, rompe l’unità delle famiglie. Si introduce il divieto per le donne straniere, in condizioni di irregolarità amministrativa, di riconoscere i figli da loro stesse generati che diverranno “figli di nessuno”, potranno essere sottratti alle madri e messi nelle mani dello Stato. Neanche il fascismo, hanno rilevato alcuni scrittori, si era spinto fino a questo punto. Infatti le leggi razziali del 1938 non privavano le madri ebree dei loro figli, né le costringevano all’aborto per evitare la confisca dei loro bambini da parte dello Stato. La legge è pericolosa perché accrescerà la clandestinità che dice di combattere, favorirà il “si salvi chi può”, darà spazio alla criminalità organizzata, aumentando l’insicurezza di tutti.
Non c’è futuro senza solidarietà. La legge, tra l’altro, è inutilmente crudele, ricorda don Ciotti. Ci fa tornare ai tempi della discriminazione razziale. E’ una forma di accanimento contro i poveri anche se la povertà più grande, oggi, è la nostra: povertà di coraggio, di umanità, di capacità di scommettere sugli altri, di costruire insieme una sicurezza comune. La sicurezza basata sulla paura sta diventando un alibi per norme ingiuste e dannose, per scaricare il malessere di molti italiani sugli immigrati, capro espiatorio della crisi, bersaglio facile su cui sfoghiamo il tramonto di ogni etica condivisa e della testimonianza cristiana. La tutela della vita e della dignità umana va assunta nella sua interezza per tutti e in ogni momento dell’esistenza. “Non c’è futuro senza solidarietà” scrive il cardinal Tettamanzi. Non c’è sicurezza senza l’aiuto reciproco, senza l’esercizio dei diritti e dei doveri dentro un’azione comune per il bene comune.
Costruire comunità e città conviviali. Benedetto XVI da tempo ci invita come comunità ecclesiale a diventare “casa ospitale per tutti, segno e strumento di comunione per l’intera famiglia umana”. Per il Papa ogni comunità cristiana deve “aiutare la società civile a superare ogni possibile tentazione di razzismo, di intolleranza e di esclusione […]. Solo nella reciproca accoglienza di tutti è possibile costruire un mondo segnato da autentica giustizia e pace vera” (Angelus 17 agosto 2008).
Invitiamo, quindi, le comunità cristiane e tutti gli operatori di pace a mobilitarsi per costruire la pace nella vita quotidiana spesso prigioniera di solitudini, governata dalla paura e coinvolta in progetti tribali e autoritari.
La gloria di Dio. Nessuno ci è straniero anche perché la distanza che ci separa dallo straniero è quella stessa che ci separa da noi stessi e la nostra responsabilità di fronte a lui è quella che abbiamo verso la famiglia umana amata da Dio, verso di noi, pronti a testimoniare la profezia del Risorto che annuncia la pace. “Dio non fa preferenze di persone” (Atti 10,34, Romani 2,11 e 10,12; Galati 2,6 e 3,28; Efesini 6,9; 1 Corinti 12,13; Colossesi 3,11) poiché tutti gli uomini hanno la stessa dignità di creature a Sua immagine e somiglianza. Poiché sul volto di ogni uomo risplende qualcosa della gloria di Dio, la dignità di ogni uomo davanti a Dio sta a fondamento della dignità dell’uomo davanti agli altri uomini (Compendio della dottrina sociale n. 144).
Questi nostri giorni sono difficili ed oscuri. E' stata oscurata la gloria di Dio.

Pax Christi, Domenica 5 luglio 2009
www.paxchristi.it info@paxchristi.it

giovedì 2 luglio 2009

Appello al Presidente della Repubblica

Supplemento straordinario de "La nonviolenza e' in cammino" del 2 luglio 2009

In questo numero:
1. Appello al Presidente della Repubblica contro il colpo di stato razzista
2. Appello degli intellettuali contro il ritorno delle leggi razziali in
Italia
3. Appello dei giuristi contro l'introduzione dei reati di ingresso e
soggiorno illegale dei migranti


1. APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CONTRO IL COLPO DI STATO RAZZISTA

Il colpo di stato razzista compiuto dal governo Berlusconi con la complicità di una asservita maggioranza parlamentare puo' e deve essere respinto.
E' nei poteri del Presidente della Repubblica rifiutare di avallare l'introduzione nel corpus legislativo di misure palesemente in contrasto con la Costituzione della Repubblica Italiana, palesemente criminali e criminogene, palesemente razziste ed incompatibili con l'ordinamento giuridico della Repubblica.
Al Presidente della Repubblica in prima istanza facciamo ora appello affinché non ratifichi un deliberato illegale ed eversivo che viola i fondamenti stessi dello stato di diritto e della civilta' giuridica, che viola i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana.
Il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
Viterbo, 2 luglio 2009

2. APPELLO DEGLI INTELLETTUALI CONTRO IL RITORNO DELLE LEGGI RAZZIALI IN ITALIA

Le cose accadute in Italia hanno sempre avuto, nel bene e nel male, una straordinaria influenza sulla intera societa' europea, dal Rinascimento italiano al fascismo.
Non sempre sono state pero' conosciute in tempo.
In questo momento c'e' una grande attenzione sui giornali europei per alcuni aspetti della crisi che sta investendo il nostro paese, riteniamo, pero', un dovere di quanti viviamo in Italia richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica europea su altri aspetti rimasti oscuri. Si tratta di alcuni passaggi della politica e della legislazione italiana che, se non si riuscira' ad impedire, rischiano di sfigurare il volto dell'Europa e di far arretrare la causa dei diritti umani nel mondo intero.
Il governo Berlusconi, agitando il pretesto della sicurezza, ha imposto al Parlamento, di cui ha il pieno controllo, l'adozione di norme discriminatorie nei confronti degli immigrati, quali in Europa non si vedevano dai tempi delle leggi razziali.
E' stato sostituito il soggetto passivo della discriminazione, non piu' gli ebrei bensi' la popolazione degli immigrati "irregolari", che conta centinaia di migliaia di persone; ma non sono stati cambiati gli istituti previsti dalle leggi razziali, come il divieto dei matrimoni misti. Con tale divieto si impedisce, in ragione della nazionalita', l'esercizio di un diritto fondamentale quale e' quello di contrarre matrimonio senza vincoli di etnia o di religione; diritto fondamentale che in tal modo viene sottratto non solo agli stranieri ma agli stessi italiani. Con una norma ancora piu' lesiva della dignita' e della stessa qualita' umana, e' stato inoltre introdotto il divieto per le donne straniere, in condizioni di irregolarita' amministrativa, di riconoscere i figli da loro stesse generati. Pertanto in forza di una tale decisione politica di una maggioranza transeunte, i figli generati dalle madri straniere "irregolari" diverranno per tutta la vita figli di nessuno, saranno sottratti alle madri e messi nelle mani dello Stato.
Neanche il fascismo si era spinto fino a questo punto. Infatti le leggi razziali introdotte da quel regime nel 1938 non privavano le madri ebree dei loro figli, ne' le costringevano all'aborto per evitare la confisca dei loro bambini da parte dello Stato.
Non ci rivolgeremmo all'opinione pubblica europea se la gravita' di queste misure non fosse tale da superare ogni confine nazionale e non richiedesse una reazione responsabile di tutte le persone che credono a una comune umanita'. L'Europa non puo' ammettere che uno dei suoi Paesi fondatori regredisca a livelli primitivi di convivenza, contraddicendo le leggi internazionali e i principi garantisti e di civilta' giuridica su cui si basa la stessa costruzione politica europea.
E' interesse e onore di tutti noi europei che cio' non accada.
La cultura democratica europea deve prendere coscienza della patologia che viene dall'Italia e mobilitarsi per impedire che possa dilagare in Europa.
A ciascuno la scelta delle forme opportune per manifestare e far valere la propria opposizione.
Roma, 29 giugno 2009
Andrea Camilleri, Antonio Tabucchi, Dacia Maraini, Dario Fo, Franca Rame,
Moni Ovadia, Maurizio Scaparro, Gianni Amelio

3. APPELLO DEI GIURISTI CONTRO L'INTRODUZIONE DEI REATI DI INGRESSO E SOGGIORNO ILLEGALE DEI MIGRANTI

Il disegno di legge n. 733-B attualmente all'esame del Senato prevede varie innovazioni che suscitano rilievi critici.
In particolare, riteniamo necessario richiamare l'attenzione della discussione pubblica sulla norma che punisce a titolo di reato l'ingresso e il soggiorno illegale dello straniero nel territorio dello Stato, una norma che, a nostro avviso, oltre ad esasperare la preoccupante tendenza all'uso simbolico della sanzione penale, criminalizza mere condizioni personali e presenta molteplici profili di illegittimita' costituzionale.
La norma e', anzitutto, priva di fondamento giustificativo, poiche' la sua sfera applicativa e' destinata a sovrapporsi integralmente a quella dell'espulsione quale misura amministrativa, il che mette in luce l'assoluta irragionevolezza della nuova figura di reato; inoltre, il ruolo di extrema ratio che deve rivestire la sanzione penale impone che essa sia utilizzata, nel rispetto del principio di proporzionalita', solo in mancanza di altri strumenti idonei al raggiungimento dello scopo.
Ne' un fondamento giustificativo del nuovo reato puo' essere individuato sulla base di una presunta pericolosita' sociale della condizione del migrante irregolare: la Corte Costituzionale (sent. 78 del 2007) ha infatti gia' escluso che la condizione di mera irregolarita' dello straniero sia sintomatica di una pericolosita' sociale dello stesso, sicche' la criminalizzazione di tale condizione stabilita dal disegno di legge si rivela anche su questo terreno priva di fondamento giustificativo.
L'ingresso o la presenza illegale del singolo straniero dunque non rappresentano, di per se', fatti lesivi di beni meritevoli di tutela penale, ma sono l'espressione di una condizione individuale, la condizione di migrante: la relativa incriminazione, pertanto, assume un connotato discriminatorio ratione subiecti contrastante non solo con il principio di eguaglianza, ma con la fondamentale garanzia costituzionale in materia penale, in base alla quale si puo' essere puniti solo per fatti materiali.
L'introduzione del reato in esame, inoltre, produrrebbe una crescita abnorme di ineffettivita' del sistema penale, gravato di centinaia di migliaia di ulteriori processi privi di reale utilita' sociale e condannato per cio' alla paralisi. Ne' questo effetto sarebbe scongiurato dalla attribuzione della relativa cognizione al giudice di pace (con alterazione degli attuali criteri di ripartizione della competenza tra magistratura professionale e magistratura onoraria e snaturamento della fisionomia di quest'ultima): da un lato perche' la paralisi non e' meno grave se investe il settore di giurisdizione del giudice di pace, dall'altro per le ricadute sul sistema complessivo delle impugnazioni, gia' in grave sofferenza.
Rientra certo tra i compiti delle istituzioni pubbliche "regolare la materia dell'immigrazione, in correlazione ai molteplici interessi pubblici da essa coinvolti ed ai gravi problemi connessi a flussi migratori incontrollati" (Corte Cost., sent. n. 5 del 2004), ma nell'adempimento di tali compiti il legislatore deve attenersi alla rigorosa osservanza dei principi fondamentali del sistema penale e, ferma restando la sfera di discrezionalita' che gli compete, deve orientare la sua azione a canoni di razionalita' finalistica.
"Gli squilibri e le forti tensioni che caratterizzano le societa' piu' avanzate producono condizioni di estrema emarginazione, si' che (...) non si puo' non cogliere con preoccupata inquietudine l'affiorare di tendenze, o anche soltanto tentazioni, volte a 'nascondere' la miseria e a considerare le persone in condizioni di poverta' come pericolose e colpevoli". Le parole con le quali la Corte Costituzionale dichiaro' l'illegittimita' del reato di "mendicita'" di cui all'art. 670, comma 1, cod. pen. (sent. n. 519 del 1995) offrono ancora oggi una guida per affrontare questioni come quella dell'immigrazione con strumenti adeguati allo loro straordinaria complessita' e rispettosi delle garanzie fondamentali riconosciute dalla Costituzione a tutte le persone.
25 giugno 2009
Angelo Caputo, Domenico Ciruzzi, Oreste Dominioni, Massimo Donini, Luciano
Eusebi, Giovanni Fiandaca, Luigi Ferrajoli, Gabrio Forti, Roberto Lamacchia,
Sandro Margara, Guido Neppi Modona, Paolo Morozzo della Rocca, Valerio
Onida, Elena Paciotti, Giovanni Palombarini, Livio Pepino, Carlo Renoldi,
Stefano Rodota', Arturo Salerni, Armando Spataro, Lorenzo Trucco, Gustavo
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