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Un po’ per prenderla dolce, un po’ per esorcizzare l’ipotesi sottesa, inizio a salutare il direttore di “Famiglia Cristiana” con la parafrasi di un titolo pavesiano (Ciau Masino) che nell’anno centenario non guasta. Lo saluto preventivamente perché temo che a breve – come a suo tempo con don Zega – don Antonio Sciortino salterà e la corazzata dei Paolini cambierà, più o meno bruscamente, capitano. È ovvio che spero toto corde di sbagliarmi, ma dopo le sortite dei giorni scorsi ho l’impressione che il dossier a carico, radunato dai teo-con in genere, e daiberluscattolici in particolare, abbia raggiunto e superato i limiti di sicurezza/tollerabilità che sono notoriamente piuttosto ristretti.
Non solo don Sciortino non se ne è stato, non ha tratto insegnamenti di cautela dal putiferio scatenatosi, sulla sua testa e sul settimanale, con l’articolo di mezz’agosto di Beppe Del Colle, ma ha raddoppiato la provocazione con la contemporanea pubblicazione del “fondo” di Famiglia Cristiana del 28 settembre (“Declino e metamorfosi della nostra democrazia – Con l’abolizione delle preferenze, elettori defraudati di un diritto”) e di un articolo (“La fine della democrazia d’opinione”) nientemeno che su “Micromega” (5/08, testè in edicola), la sentina di tutti i diavoli relativisti, articolo ampiamente anticipato da “Repubblica”, quotidiano non molto meno sospetto.
Ecco un uomo, un prete di coraggio (leggere per credere!), un direttore di giornale cattolico divergente dal modello “tre scimmiette” discretamente in voga. Uno che non ha remore a denunciare, con accorata lucidità, l’ipoteca,democraticamente antidemocratica, di un incipiente “regime”, laddove i conniventi minimizzano indefessamente e larghe schiere di “oppositori” hanno deciso da tempo che evocare “regimi” non è elegante e comunque non porta bene.
A temperare la previsione di un prossimo amoveatur come segno di mera sconfitta, resta l’ipotesi che la vicenda di don Sciortino, nel più ampio contesto di Famiglia Cristiana, segnali altresì, comunque finisca, l’aprirsi, non più misconoscibile, di una faglia nella superficie apparentemente compatta nel cattolicesimo italiano al cospetto della politica e del costume nazionali. Nel senso che i valori fondanti della democrazia possano pur essi ascendere, con un seguito confortante, al piano alto dei “principi non negoziabili”.
Dario Fornaro
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