Cerco di contribuire con qualche riflessione all’interessante dibattito proposto.
Primo. Nel 1° numero della Rivista Appunti di cultura e di politica, nr. 1 (maggio 1978) Pietro Scoppola scriveva, riflettendo anche a seguito della tragedia di Moro: “ Appartengo a una generazione per la quale la parola Stato ha avuto via via, nel tempo, significati assai diversi e opposti....Lo Stato nuovo legato alla lotta antifascista si proclamava al servizio dell’uomo, limitato nei suoi poteri, fondato su un consenso liberamente espresso. Ma per i cattolici della mia generazione gli strumenti culturali per fondare sul piano dei valori lo Stato democratico non erano ancora del tutto chiari; non è stato facile capire che non esisteva uno "Stato cattolico" diverso dallo "Stato democratico"; che lo Stato cattolico era esistito storicamente ma non esisteva più ed era meglio, anche per la Chiesa, che non esistesse più, che lo Stato democratico era il "nostro Stato", di tutti noi, cattolici e non cattolici....Siamo forse tornati, in trent’anni, al punto di partenza?...La condizione per essere presenti nella costruzione del presente e del futuro è forse quella di buttar via tutto il bagaglio del trentennio, di ripartire da zero? ..non accettiamo l’idea che si riparta da zero. A noi questo Stato interessa molto, con la sua storia, con i suoi problemi...Dovremo studiare a fondo i motivi del riemergere di una disaffezione per lo Stato nell’area cattolica. A mio avviso le ragioni di oggi non sono sostanzialmente diverse da quelle che hanno determinato, in passato, la disaffezione cattolica per la democrazia, da quelle che hanno reso difficile per noi, da ragazzi, capire che lo Stato democratico era meglio dello Stato Cattolico”.
Oggi forse dovremmo sostituire al termine Stato il termine partito (o altro che indichi raggruppamento politico in base alla fede soltanto), per entrare definitivamente nel terzo tempo della Repubblica.
Secondo. Achille Ardigò nel libro “Toniolo: il primato della riforma sociale” del 1978 sintetizza in quattro posizioni (modelli) i modi con cui il mondo cattolico si è espresso nell’animazione dell’ordine temporale dal 1870 al Concilio Vaticano II. La prima posizione è quella del periodo di Leone XIII: si riconosce uno spazio di autonomia in politica ai laici credenti, ma per le questioni puramente tecniche; per tutte le altre scelte politiche il papato esprime scelte vincolanti (la Gerarchia propone una sorta di Partito Cristiano, senza autonomia, per ripristinare uno Stato cristiano ma popolare e democratico). La seconda posizione è quella del blocco cattolico (esempio il Patto Gentiloni o comunque l’unità politica per difendere l’ordine liberal-moderato). La terza posizione rappresenta, per Ardigò, un’innovazione e si esprime nell’esperienza del Partito Popolare di Sturzo (un partito laico, che non pretende la rappresentanza unitaria dei credenti pur dichiarandosi impegnati da un’ispirazione cristiana nell’azione politica. La quarta posizione infine “ha la sua più autorevole e duratura fattispecie storica con la Democrazia Cristiana...E’ la posizione di un partito che raccoglie la grande maggioranza dei cattolici del Paese” anche se aconfessionale, ma col sostegno della gerarchia e che fa blocco contro i regimi comunisti del dopoguerra. Aggiunge Ardigò che “siamo portati a concludere affrettatamente che la novità del post-concilio è nel fluttuare dalla quarta alla terza posizione. E cioè ..alla tesi del pluralismo nella partecipazione politica dei cattolici, salvi i princìpi.... Ma anche in rapporto alla terza posizione l’innovazione conciliare comporta elementi di discontinuità....Credo che il miglior modo di cogliere l’innovazione conciliare rispetto alla terza posizione sia richiamarci ai 4 punti che Mons. Franceschi ha tracciato al Convegno Ecclesiale su Evangelizzazione e Promozione Umana..:a)coerenza con la fede, b)rapporto con la comunità cristiana sia come punto di riferimento che di confronto, c) ricerca del bene comune, c)impegno per il superamento dello statu quo senza mai cristallizzare alcuna esperienza storica...E’ proprio dal far crescere la Comunità di Chiesa locale, attorno al Vescovo, come luogo di riferimento e di confronto anche per fini storici di bene comune, che può nascere il superamento della più che secolare separazione tra gerarchia e laici, e anche il crescere dello spazio ecclesiale proprio dei laici, spazio che deve essere tanto maggiormente richiesto ed esteso quanto maggiore sarà la dispersione di opzioni politiche dei laici credenti”.
Terzo. In questi trent’anni forse è mancato, sia alla gerarchia che ai laici impegnati, proprio questa capacità di fare della Comunità punto di riferimento e di confronto che rendesse “forte” l’azione politica dei credenti. Si è invece tagliato il legame verso (e da parte di) chi agiva sul piano politico e istituzionale, si è temuto di perdere riferimenti e garanzie legislative, si è sostituito il compito dei laici nelle scelte “temporali”, e nel contempo i laici hanno preferito rispondere a logiche di partito, di coalizione, di disciplina correntizia piuttosto che faticare nel confronto con la propria comunità.
Ora non so se la risposta può essere quanto propone Padre Sorge: “Un Movimento omogeneo di militanza civica che nasca dal territorio, coinvolgendo i mondi vitali della società. Un gruppo, aperto ai non credenti, che aggreghi attorno ai valori costituzionali della democrazia laica e della Dottrina Sociale della Chiesa”. Né so dire se e come la novità indicata dal Papa di formare una nuova generazione di politici cattolici dotati di rigore morale e competenza potrà avere attuazione, ma sembrano interessanti gli interrogativi che pone Angelo Bertani: Si è compreso che la presenza di laici cattolici in politica si è affievolita anche per l’invadenza del clero e della gerarchia? Si è consapevoli che per costruire una nuova generazione di politici cattolici capaci di cercare con competenza e con rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile servirà tempo, volontà di dialogo e spirito di ricerca? I laici cattolici che sono e saranno impegnati in politica avranno la libertà e il rispetto necessari a chi opera con personale coscienza e responsabilità? E’ ben chiaro che i cattolici in politica hanno per obiettivo il bene dei cittadini e non la presenza e l’incidenza delle istituzioni ecclesiastiche?”.
Resta il fatto che, se il pluralismo delle opzioni è un fatto positivo, siamo forse divisi in troppe sigle, esperienze, associazioni politico-culturali; abbiamo, come credenti, difficoltà a trovare un luogo e un momento in cui si possa insieme individuare alcune piste di lavoro e alcuni orientamenti utili al bene comune. E i Convegni Ecclesiali, per quanto importanti, non sono da usare a questi fini, proprio per non confondere i livelli e soprattutto per evitare di riproporre una Chiesa “soggetto politico” che si sostituisce all’impegno responsabile e personale dei laici. Bisogna saper trovare (insieme ad altri) la capacità di ricostruire una cultura politica che tenga anche conto di quei valori umani e costituzionali che sentiamo particolarmente vicini: la persona, le autonomie (locali, economiche, sociali), la società civile, la solidarietà, la pace, la difesa del creato, il pluralismo (delle istituzioni, delle rappresentanze); e di saperli sostenere e affermare in un sistema che è bipolare (anche se non bipartitico).
Carlo Baviera
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