Venerdì sera un gruppo di amici di Kamal Al-Qaisi, palestinese di Betlemme, morto il 27 dicembre 2007, si sono ritrovati per ricordarlo se non credenti, o per pregare con lui e per lui se credenti. Nell'invito inviato avevo scritto: "Il 27 dicembre 2008 è stato il primo anniversario della scomparsa di Kamal Al-Qaisi, che i suoi tanti amici ricordano per il suo impegno a favore degli altri, per il suo interessamento per la soluzione di molti casi umani, per la sua generosità a costo anche di sacrifici personali e familiari, un uomo che potremmo osare definire “giusto”.
In sua memoria e in sua amicizia, abbiamo nei primi giorni di gennaio dello scorso anno, dato vita all’Associazione “L’ulivo e il libro”.
Per ricordare Kamal vorremmo ritrovarci con tutti i suoi amici per una breve serata “ecumenica”, aperta a tutti: per chi si sente laico e non credente, per ricordare e tener desto l’affetto per Kamal e continuare ad agire per le cose in cui lui ha creduto; per chi è credente, per pensare a Kamal “oltre la soglia di Dio” e chiedere all’unico Dio il dono della Pace, visto che le azioni degli uomini non offrono molta speranza; insieme per ribadire la volontà comune di non piegarci all’ingiustizia, all’indifferenza montante, al fatalismo rassegnato.
Sarà gesto simbolico anche il ritrovarci in riflessione e/o preghiera nella cripta del Suffragio, dedicata alla Trasfigurazione, sperando in una vera trasfigurazione della Terrasanta che, o per conoscenza diretta o per quanto ci ha comunicato Kamal, tutti amiamo come “terra nostra”, nostra comune radice". E' stato un incontro ricco di affetto e di commozione. Ma il momento più commovente è stato quella della lettura di uno scritto di Lucia, la moglie di Kamal, uno scritto che ci fa, più di ogni nostra parola o testimonianza, capire com'è il cuore di un Palestinese vero.
Sono palestinese e noi palestinesi non abbiamo paura della morte. La morte per noi è come l'ombra, ci segue ovunque andiamo, più forte è il sole, più scura è l'ombra, più amiamo la vita, più accettiamo la morte.
Entrerò presto in quello che per me ora sembra buio, ma sarà luce.
So che incontrerò mio padre, e che finalmente risponderà a tutte quelle domande alle quali non mi ha mai dato risposta. Ritroverò mia madre con il volto sereno che riuscivo solo ad intravedere, quando era ancora in vita. Riabbraccerò i miei compagni di ideali, senza il rimorso di aver acceso in loro l'amore per la libertà che hanno pagato con la loro stessa vita. Mi diranno di avere sempre saputo che anche io ero pronto a morire come loro.
Ripenso alla mia vita e, libero dal dolore e dalla rabbia, ne sento la bellezza. Che bellezza c'è nella vita di un profugo? Eppure le immagini della sofferenza ora sono luce.
Non posso essere io quel bambino che trema di freddo, mentre unisce le mani a quelle dei suoi fratellini attorno al palo centrale della tenda per impedirle di volare via in una notte d'inverno. Come sono fredde le loro manine arrossate, e non so se quelle che vedo sul viso di mia madre sono gocce di pioggia o altro e la notte è ancora tanto lunga.
Sono io quel ragazzo arrabbiato che studia alla luce del lampione sulla strada di Betlemme? Nelle case del campo non c'era luce, poche gocce non estinguevano la mia sete di studiare e di capire.
Come è dolce il tocco delle dita di mia madre che unge di olio le mie mani stanche al termine di una giornata nel cantiere dove svolgo i lavori più faticosi. Come sono ridenti le facce dei miei fratellini, mentre succhiano i dolci che ho comprato loro, il più piccolo mi chiama "Baba", papà, e pensare che a me non cresce ancora la barba.
Poi cominciava a divamparmi dentro il fuoco della lotta del mio popolo e di quella di mille altri popoli oppressi, mi sembrava che niente dovesse domare quelle fiamme prima che la pianta della Giustizia fosse stata liberata dai rovi che la soffocavano.
Ora sento sgorgare dai miei occhi mille gocce di pietà a bagnare quella cenere e un desiderio di salvezza anche per il mio torturatore, forse vittima di ferite più antiche e profonde di quelle che lascia sul mio corpo. Prima cercavo i suoi occhi per accusarlo, adesso vedo attraverso il suo cuore e perdono.
Ora vedo occhi limpidi e innocenti nei quali la mia immagine continuerà a riflettersi, mai offuscata: sarò sempre con voi per proteggervi e guidarvi.
Ora sento mani affettuose che non finiranno mai di stringere e scaldare le mie, mani che sanno, capiscono, perdonano, mi dicono di non avere paura perchè non vi sarà distacco: mi avrai sempre vicino.
Così avanzo nella luce sempre più vivida. E mi accorgo che questa luce è anche una Voce di Misericordia Infinita, parla la mia lingua e quella di mille altri, tutti La sentiremo e tutti, tutti ugualmente La comprenderemo.
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