Nel 1975 ebbi la gioia e la fortuna di passare cinque giorni a Spello, ospite dei Piccoli Fratelli. La gioia e la fortuna fu accresciuta dal fatto di venire ospitato nell'eremo il cui responsabile era fratel Carlo Carretto. Essendo responsabile aveva anche il compito della cucina: al mattino gli ospiti prestavano alcune ore di lavoro manuale. Così per cinque giorni ebbi Carlo Carretto come cuoco! Una buona cucina, paesana, semplice, contadina, ma davvero buona! Resa ancor più buona dal dialogo intenso e fraterno, dalle riflessioni che ogni tanto Carlo regalava a noi suoi ospiti. Mi sembra giusto ricordare i 20 anni dal suo ritorno al Padre e ringrazio l'amico Luca (Mandrino) che mi ha segnalato lo scritto che segue. Mi pare che anche Carlo Carretto sia uno degli uomini che hanno dato cose grandi alla Chiesa e alla società nell'ultimo versante del secolo che ci sta alle spalle, ma che oggi sono messi, dalla Chiesa e dalla società, nel cassetto della dimenticanza e del silenzio. Personaggi scomodi, laici di grande statura evangelica, protagonisti - a volte precursori - e fedeli interpreti dello spirito del Concilio Vaticano II. Oggi nel gran calderone del revisionismo sociale e clericale. Anche Carlo Carretto si aggiunge ai vari Dossetti, La Pira, Lazzati, Ardigò, Scoppola, Masina, La Valle (alcuni ancora viventi per grazia di Dio) e tanti altri che ciascuno può elencare. Laici con la voce (anche quando hanno fatto, alcuni, una scelta di consacrazione); oggi si preferisce un laicato o afono o codino, silenzioso e obbediente. O mi sbaglio? dwf
C’è una quotidianità fatta di piccola cronaca, degli anni vissuti da Carlo Carretto a Spello, per me che ho vissuto e collaborato con questo grande fratello per oltre 25 anni, e raccontarla è il compito che mi è stato affidato. La cronaca minore può esser simpatica, legata all’appuntamento di dieci, dodici giovani che arrivammo a Spello e che eravamo interessati al messaggio di Charles de Foucauld e alla vita della Fraternità. Era il 15 agosto del 1965, Paul Cheval dei piccoli fratelli del Vangelo mandò una letterina a tutti quanti e anch’io ero fra questi. Ero da qualche giorno ad Assisi. Spello non mi diceva niente, e andai a cercare anche sulla guida del Touring dove si trovasse. Poi scoprii che era ad un tiro di schioppo da Assisi, dove ero stato spesso. Trascorsi alcuni giorni nella città di Francesco a pregare, e la sera del 14 agosto, vigilia dell’appuntamento, venni a Spello, per vedere dove l’indomani sarei andato a finire e andai a San Girolamo. C’era via vai di gente devota al cimitero. Entrai nel chiostro, dove si sentiva odore di pulito, perché era stato imbiancato di fresco. Ma non c’era nulla all’interno eccetto una pila di materassi. Non mi inoltrai, e ripresi la mia strada per Assisi alquanto perplesso. L’indomani mattina alle nove e mezzo ero di nuovo lì. Per le strade c’era gente che andava e veniva, perché era Ferragosto. A san Girolamo non si vedeva nessuno. Sedetti sul muretto e verso le dieci e mezza, con il caldo che si faceva sentire, arrivarono due piccoli fratelli. Uno era Paul Collet, un grande fratello. E l’altro molto più giovane, Manu. L’impatto fu da parte mia non molto felice. Innanzitutto c’era il
problema della lingua: ci si intendeva, ma non completamente. Fratel Paul era molto sofferente, lo si vedeva, e non diceva una parola. Manu, invece, di parole ne diceva anche troppe. Dopo i convenevoli, entrammo dentro a san Girolamo, che non era abbandonato, perché ci viveva una bella famigliola, quella di Giovanni Pergolesi, il custode del cimitero. Una famiglia che custodiva il cimitero da varie generazioni.
Quando ho visto entrare qui oggi Giuliano con sua moglie Rita gli ho detto: «Stasera
è anche un po’ la tua commemorazione», perché era il bambino di quella famiglia.
Proseguendo la narrazione, ricordo che allora entrammo. Di sopra trovammo l’amico
Leonello Radi e delle camerette preparate. Nel senso di pulite, con qualcosa di mobilio. C’era una sala capitolare, che colpì i fratelli, e il sottoscritto. Era una grande stanza con una panca che girava tutt’intorno e in mezzo, ogni tanto, ad una certa distanza, un buco: era la toilette dei frati nei secoli passati. I fratelli presero visione ed io pure. Fratel Paul si mise a letto. Avremmo saputo poi che aveva la malaria. Veniva dal Cameroun, dove erano stati uccisi dei fratelli. Scoprii che aveva una storia veramente eroica. Manu mi disse qualcosa del lavoro: «Bene adesso ci siamo conosciuti, Paul riposa, andiamo a cercare lavoro». Rimasi un po’ perplesso
e gli dissi: «Ma oggi è il 15 agosto». E lui di rimando: «Che vuol dire?». Risposi:
«Oggi è proprio la giornata di vacanza per eccellenza, in Italia. E non solo oggi, ma tutta questa settimana». Lui mi guardò irritato e non se la prese solo con me, ma andò un po’ più largo: i benedetti festaioli italiani! La cosa continuò a rendermelo abbastanza antipatico. Facemmo allora il giro di Spello. Lui era convinto di poter cercare lavoro. Ma non conoscevamo nessuno a Spello. Il paese era pieno di gente che andava a passeggio, anche di turisti. Arrivammo fino a Sant’Andrea e poi tornammo indietro. Lui mi diceva di chiedere se c’era lavoro. Io non avevo il coraggio, a
Ferragosto, di andare a chiedere lavoro. Tutti ci guardavano con curiosità. Arrivammo a Valle Gloria e Manu decise di comprare qualcosa da mangiare. Questa mi sembrava già un’idea più sensata. Mi chiese: «Tu hai soldi?». Avevo circa 2000 lire, o qualcosa del genere. Lui aveva qualche franco francese. Andammo in un negozio che trovammo per strada – era di Luigino Della Vedova – vicino a Valle Gloria. E con quelle 2000 lire mangiammo per oltre una settimana perché ci avevano visto abbastanza confusi e ci fecero credito. Fu il primo segno della bontà e generosità degli Spellani nei riguardi della Fraternità. Intanto non era arrivato ancora nessuno. Gli altri dieci, undici, infatti arrivarono nel tardo pomeriggio del giorno dopo. Alle due e mezza
del 15 agosto dopo aver mangiato qualche panino, a Manu venne un’altra idea: andare in pellegrinaggio ad Assisi. Alle due e mezza del 15 agosto! Partimmo a piedi attraverso la stradina della beata Angela, che ci avevano indicato fino alle Viole. Arrivammo a san Francesco e scendemmo a Santa Maria degli Angeli, potete immaginare come. Ma anche lui era cotto. E a Santa Maria degli Angeli, dopo una visita, disse: «Facciamo l’autostop». Non c’era ancora la superstrada e l’autostop abbiamo tentato di farlo. Finalmente si ferma una signora, o signorina, di una certa età, con una 500. Questa signorina fa i soliti discorsi e convenevoli. Dice: «Non so come mai mi son fermata. Non mi è mai capitato» e così via. Manu era dietro, e mi chiedeva cosa ci stessimo dicendo. Spese anche delle frasi in italiano un po’ confuse e la signorina, adombrata, ci chiese chi eravamo. Io lo sapevo, chi ero. Di Manu provai a
spiegare che era un religioso, ma non era facile facile farsi capire. Tirai fuori dei nomi che avevo sentito. Uno era Leonello Radi; ma alla mia domanda, «Lei lo conosce?», rispose seccamente di no. Ancora: «Conosce il vescovo di Foligno?». No. Vista l’aria che tirava, ero sempre più perplesso e preoccupato: una volta arrivati al borgo di Spello, alla domanda «Dove abitate?», come rispondere, senza suscitare
equivoci «Abitiamo al cimitero»? E Infatti, a un certo punto, mi disse: «Vi accompagno dove abitate». Mi feci forza, e risposi: «Guardi non si inquieti, io la capisco, ma noi abitiamo al cimitero». Con mia grande sorpresa, invece, non fece una piega e ci portò fino a san Girolamo. Io scesi per primo ringraziando. Ma lei disse
subito: «Voglio vedere casa vostra». Allora Manu gentilmente rispose con il suo stentato italiano: «Le offriamo un caffè». Ma dov’era il caffè?! Entrò, vide il chiostro e poi si congedò. Stranamente poi e per 41 anni, in un ambiente piccolo come il nostro di Foligno, o Spello, non mi è capitato di rivedere né la 500 né la
signora. Rientrati finalmente in casa, andammo a letto. Intanto erano arrivati altri giovani. L’indomani celebrammo la messa. Anche lì, un altro problema. Appena alzati e pronti per la celebrazione, Manu dice che si deve celebrare nel coro della vecchia chiesa per essere discreti, rispettare i preti del paese. Abbiamo quindi celebrato
messa. Anche Paul. Poi saltò fuori di nuovo il problema del lavoro. Manu fece una
predica giusta: i piccoli fratelli devono vivere del loro lavoro, la nobiltà del lavoro manuale, eccetera eccetera. Ma era sempre il 16 agosto. E poi fra noi, quando si era in difficoltà, correva il ritornello: verrà Carlo Carretto. Due dei giovani se ne andarono subito. Dopo una settimana anch’io pensai di fare lo stesso. Feci
la zaino e piano, piano me la squagliai. Ma sulla porta del chiostro, ecco un rumore
di automobile. Era il famoso maggiolino di Carlo Carretto. «Chi sei tu, chi sono io, aiutami a scaricare… e sono passati tanti anni e siamo qui ancora a parlarne con entusiasmo e gioia.
Fr. Gian Carlo
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