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"La coscienza del cristiano è impegnata a proiettare nella sfera civile i valori del Vangelo" ____________________________________________________________________________________________________________________

mercoledì 5 marzo 2008

Laicità e bene possibile

Sembra che alcuni sondaggi, anche di autorevole fonte cattolica, indichino la sostanziale indifferenza degli elettori nei confronti dei temi etici; nel contempo i partiti politici intenderebbero evitarne una trattazione ed un confronto a fini di consenso elettorale.
Mi lascia perplesso l’indifferenza rilevata, mi troverebbe consenziente la scelta dei partiti politici. Ho usato il condizionale per un semplice motivo: la buona intenzione, molto spesso fa i conti con una realtà, difficile da indirizzare agli scopi che si prefigge. Il fatto è che proprio sui temi “eticamente sensibili”, il dibattito s’infiamma, ed indipendentemente dallo scarso impatto che, di per sé, suscita nel cittadino, finisce per costituire elemento di confronto, anche elettorale. La ragione potrebbe essere individuata nell’affondo che, sulle questioni connesse ai temi suddetti, viene promosso da protagonisti di indiscusso e diffuso prestigio a cominciare dalla Chiesa; ed ovviamente non solo dalla Chiesa. Eppure è proprio su queste questioni che i cattolici, impegnati in politica, trovano un banco di prova ed uno snodo, essenziale per dimostrare la sincerità della loro ispirazione religiosa nel costruire la “città dell’uomo”, compatibile con la loro libertà di scelta nelle questioni di una politica laica.
Conosco il rischio, ma la scelta del tema della vita diventa qui essenziale ed esemplare. La difesa della vita costituisce, sicuramente, un assoluto non negoziabile; in particolare nella questione dell’aborto si mette alla prova la nostra “laicità compatibile”. Non accettiamo di risolvere la questione invocando la “libertà di scelta della donna”, non perché questa non debba essere assunta come essenziale, ma perché, in questo caso, c’è di mezzo un diritto soggettivo del concepito che non può essere contrattato. Non accettiamo neppure che ci sia, in confronto ed in dialettica, un contrasto ed un concorso tra il diritto soggettivo della libertà della madre e quello del concepito che attiene non solo il diritto di libertà, ma il diritto alla vita stessa.
Ed allora la questione va spostata su altro piano e diverso ragionamento. Nessuno vuol mettere in discussione la legge 194; potranno essere introdotte le modifiche ed i correttivi che il progresso degli studi e l’esperienza suggeriranno, ma la sua efficacia sembra essere riconosciuta. Il fatto è che senza la distinzione (non frattura) fra principi di riferimento, l’elaborazione di cultura politica che ne pongono le basi programmatiche di realizzazione e la loro applicazione anche normativa, senza tale distinzione non si riesce ad intervenire con efficacia. Proprio qui si prova la strada del bene possibile; proprio qui si può sperimentare la razionale proposta del massimo possibile di fedeltà ai valori, anche in presenza dell’esperienza angosciante dei limiti della politica: la tensione all’ideale, spesso si scontra con la dialettica ed il confronto. Teniamo fermo il riferimento al valore, non per proporre il relativismo di una doppia verità, ma per raggiungere, nel dialogo con chi diversamente pensa, il massimo possibile di bene. Nel caso specifico, perché il ricorso all’aborto sia sempre meno praticato; anche con la realizzazione piena degli interventi formativi e di sensibilizzazione ad una cultura della vita, previsti dalla stessa 194.

P.S. Tiene banco, in questi giorni, la questione dell’alleanza del Partito democratico (P.D.) coi radicali; stante la nostra scelta dichiarata di richiamo alla tradizione del “cattolicesimo democratico”, riteniamo tale alleanza un “mostro” (nel senso tecnico di non naturale) politico e non solo per le questioni connesse alla difesa della vita. Il partito radicale è stato sicuramente all’avanguardia nella difesa dei diritti “individuali” e nel proporre sempre la corretta realizzazione delle regole del gioco democratico. Tutto questo, per noi non basta, perché non basta la correttezza delle regole; necessita la realizzazione della solidarietà che renda tutti e ciascuno capace di essere soggetto e protagonista attivo della sua vicenda nella “città dell’uomo”. In fondo sta qui la distinzione tra centro/destra e centro/sinistra: chi si interessa solo delle regole condivise (centro/destra) e chi si preoccupa della capacità di tutti, anche dei più deboli (centro/sinistra) di praticarle. Per questi motivi, assolutamente dignitosi, i radicali dovrebbero essere nel centro/destra.
Agostino Pietrasanta

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Concordo pienamente, soprattutto con il post-scriptum. Con i radicali si può anche collaborare (il Governo Prodi 2 ne è stato un esempio), ma deve essere chiaro che sono una cosa diversa da un partito riformista, solidale, popolare, non liberista e non libertario. Si fa già fatica a costruire il PD cercando una sintesi tra esperienze e culture diverse (che però è da tempo che dialogano e che hanno nella socialità e in una visione internazionale non sbilanciata acriticamente sul capitalismo e sull"occidentalismo" qualcosa in comune): una presenza così ingombrante sul piano ideologico rischia di interrompere in culla lo sviluppo del nuovo soggetto politico. Un grazie ad Agostino per la sua lucidità, però quali le conseguenze sulle scelte elettorali? Per come sono fatte le liste (oltre ai radicali) una qualche lezione i nostri "oligarchi" una lezione se la meriterebbero.
Carlo Baviera

DS ha detto...

ho letto l'intenzione di questo blog e mi piace perchè è anche quella che mi ha spinto ad aprire il mio, prevalentemente incentrato sul motore che smuove i rapporti mondiali: geopolitica, ambiente, democrazia...
spero possa farmi visita e magari instaurare un progressivo di rapporto-scambio.
a presto,
tommaso - www.bloginternazionale.com