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"La coscienza del cristiano è impegnata a proiettare nella sfera civile i valori del Vangelo" ____________________________________________________________________________________________________________________

lunedì 23 novembre 2009

Venti anni di Intifada: radiografia del massacro

Riprendo da L'Unità di oggi (http://www.unita.it/news/mondo/91655/venti_anni_di_intifada_radiografia_del_massacro) questo illuminante bilancio di di Umberto De Giovannangeli. Almeno per rompere il silenzio tombale caduto in Italia e nel mondo sul conflitto israelo-palestinese...

Bilancio di un conflitto lungo venti anni. Gli anni della prima e della seconda Intifada. Bilancio di sangue. Astilarlo è B’Tselem, la più autorevole associazione israeliana per i diritti umani. Secondo il rapporto il conflitto israelo-palestinese ha fatto almeno 8.900 morti in due decenni, la gran parte dei quali erano palestinesi. I militari israeliani hanno ucciso 7.398 palestinesi, tra i quali 1.537 minori, sia in Israele che nei Territori occupati; i palestinesi, dal canto loro, hanno ucciso 1.483 israeliani, tra i quali 139 minori. Questi anni sono stati contrassegnati dalla prima Intifada (1987-1993), dalla seconda Intifada che è iniziata nel 2001 e dall’offensiva «Piombo fuso » di Israele contro la Striscia di Gaza.

BILANCIO DI SANGUE
Il 2009 è stato l’anno più sanguinoso con la morte di 1.433 palestinesi, di cui 315 minori, quasi tutti uccisi nel corso dell’operazione «Piombo fuso» (27 dicembre 2008 - 18 gennaio 2009). B’Tselem ha valutato che sono stati 1.387 (di cui 320 minori e 111 donne) i palestinesi uccisi in tre settimane. Il 1999 è stato l’anno meno sanguinoso per i palestinesi (8 morti) B’Tselem precisa che tra le vittime israeliane 488 erano membri della polizia o dell’esercito, le altre 995 sono state uccise in seguito agli attentati in Israele o nei territori occupati. Per Israele l’anno più duro è stato il 2002 con 420 morti e il 1999 il meno violento (4 morti). 335 i palestinesi agli arresti amministrativi senza processo (contro 1.794 nel 1989).

DEMOLIZIONI
Nel corso di questi 20 anni le autorità israeliane hanno demolito, sia perché erano state costruite senza permesso, sia per infliggere una misura punitiva alle famiglie degli attentatori 4.300 case palestinesi in Cisgiordania, in particolare a Gerusalemme est, così come nella Striscia di Gaza fino all’evacuazione di Israele nel 2005. In più, B’Tselem stima che 6.240 case siano state distrutte nel corso dell’operazione militare nella Striscia di Gaza (3.540 solo nell’operazione «Piombo fuso »). Se si abbraccia un arco di tempo più lungo, dal 1967 al 2008, le case palestinesi demolite sono state 24.125. In 20 anni il numero di israeliani che vivono in Cisgiordania o a Gerusalemme est è triplicato per arrivare a 500.000, secondo le cifre ufficiali riprese da B’Tselem.

SEGREGAZIONE
Il rapporto spiega che la città di Hebron è sottoposta˘alla distruzione delle fonti di reddito a causa delle restrizioni alla libertà di movimento imposte dall’esercito israeliano, in particolare dopo lo scoppio della seconda Intifada. Tali restrizioni comprendono il divieto totale di camminare o viaggiare sulle strade principale della città, la chiusura dei negozi in base a un decreto militare. Nel rapporto si sottolinea che la città di Hebron, in Cisgiordania, vive «una politica di segregazione su base razziale». Nelle aree vicino alle case dei coloni, le autorità di occupazione hanno costretto i cittadini palestinesi a evacuare più di 1014 unità abitative, cioè, il 41,9% del totale delle case della zona. Dal settembre 2000 fino ad oggi, rileva B’Tselem, «i palestinesi sono stati cacciati via da più di 1000 appartamenti e 1829 negozi commerciali nel centro di Hebron, a seguito delle pressioni praticate dall’esercito di occupazione israeliana, dalla polizia e dai coloni».

CHIUSURE E BLOCCHI
Ampio spazio è dato poi nel rapporto agli effetti deleteri per la popolazione palestinese causati dal blocco della Striscia di Gaza e dalla costruzione della barriera di separazione: entrambi stanno provocando gravi sofferenze ai civili. Nella Striscia di Gaza, inoltre, la disoccupazione ha ormai toccato il 50 per cento, e il 79 per cento delle famiglie vive sotto la soglia di povertà. Senza contare la penuria di elettricità e acqua potabile (sono 228 mila le persone che non vi hanno accesso in Cisgiordania), con gravi conseguenze anche sulla salute. Atutto questo si aggiungano le restrizioni nei movimenti, con l’installazione di decine di check-point (18 nella sola Hebron), e il divieto assoluto di transito per i palestinesi lungo 137 chilometri di strade.

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