Da "Famiglia cristiana" del 5.7.2009.
Intervista di Alberto Bobbio al Cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga
Sul suo capo pende una condanna a morte. I narcos del Centro America, la mafia internazionale che gestisce il più importante business illegale del mondo, hanno deciso che il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras, e presidente della Caritas internationalis, deve morire, perché ha parlato chiaro e ha detto che «il narcotraffico è il più grande flagello dell’America centrale e latina». Ha viaggiato senza scorta, ha attraversato l’oceano col cuore in ansia per venire a Torino a raccontare ai delegati della Caritas italiana, che «il vecchio sistema economico basato sulla cieca cupidigia» va cambiato. Traccia la mappa di un mondo che non ha centrato uno solo degli Obiettivi del Millennio per la riduzione di fame e povertà. Nonostante in Honduras soffiassero venti inquietanti, sfociati nel più drammatico degli sviluppi – il golpe che ha destituito il presidente Manuel Zelaya – non ha voluto perdere l’occasione di parlare di crisi e povertà nel Paese che tra pochi giorni ospiterà il G8, prima di ritornare immediatamente nel suo Paese.
* Partiamo da qui, eminenza, dal G8.
«Mi lasci osservare che la riduzione del 56 per cento dell’aiuto allo sviluppo che il vostro Governo ha previsto per il 2009 non è affatto un buon segno per il summit del G8. Ma la compagnia è assai ampia: solo cinque Paesi al mondo hanno raggiunto l’obiettivo dello 0,7 per cento del reddito da destinare ai Paesi poveri preso 40 anni fa. Ai G8 i grandi della Terra si occupano solo dei propri interessi. Io domando chi si occupa del G168, cioè tutte le altre nazioni».
* Cosa teme?
«Senza giustizia sociale non c’è pace. Temo nuovi conflitti. Nell’agenda dei leader c’è solo la crisi delle grandi multinazionali dell’industria e della finanza. L’unico che parla un linguaggio diverso è Benedetto XVI. Aspettiamo con ansia la sua enciclica sociale».
* Secondo lei sono stati stanziati troppi fondi per le banche e le aziende?
«Solo il Governo americano ha previsto 800 miliardi di dollari, somme enormi gettate in un barile senza fondo. Non so dove arriveremo. Ma il punto, in realtà, non è questo».
* E allora qual è?
«Non sono stati cambiati gli uomini che hanno provocato e non hanno previsto la crisi. Adesso la gestiscono e stabiliscono come uscirne. Così non funziona. Anche i ministri dell’Economia sbagliano. Si concentrano solo a mettere in ordine i sedili sul ponte del Titanic, senza riparare gli squarci dello scafo. E così la nave affonda».
* Quindi l’errore non è stato commesso solo dalle banche?
«No. È l’intero sistema economico che non funziona più e la responsabilità maggiore è dei Governi, che sapevano. Oggi dovremmo tutti avere la saggezza di eleggere Governi che si distinguono perché risolvono i problemi della maggioranza della gente, cioè dei poveri».
* Anche Obama sbaglia?
«Obama ha detto molte cose nuove e positive in campagna elettorale. Ma quando è arrivato al Governo anche lui ha dovuto fare i conti con diversi interessi e fatica a raggiungere i suoi obiettivi ideali. Tuttavia ritengo che Obama ce la farà a cambiare qualcosa, perché ha buone intenzioni. Al recente vertice di Trinidad sull’America latina ha dimostrato un atteggiamento nuovo degli Stati Uniti. Per ora Obama sembra una voce che parla nel deserto. Ma vedo sempre più persone che lo ascoltano».
* Ha parlato anche di riduzione della spesa mondiale per gli armamenti.
«Il problema sono gli Stati Uniti, che spendono più di tutti. Ci vuole qualcuno che dia il buon esempio. Non sarà facile, perché l’industria militare non vede mai crisi, nemmeno, mi lasci dire, in tempi di crisi. È un business molto prospero e molto triste, fonte di scandali enormi e non solo morali, costruiti sul segreto e sulla mancanza di trasparenza. Non sono molto ottimista».
* Chi soffre di più oggi?
«Naturalmente l’Africa. Il 70 per cento del denaro per la sanità arriva da donatori esterni. Se si tagliano gli aiuti si sacrificano vite umane. Ma è solo un esempio. L’Africa sembra interessare solo alla Chiesa. Il Papa è stato una settimana in quel continente, nessun altro leader viaggia per l’Africa. La Chiesa cattolica dedica un Sinodo all’Africa a ottobre. Il resto del mondo ha deciso di abbandonarla al suo destino di morte. Bisognerebbe non dimenticare. Ma non è così ed è un bel guaio».
* Chi ha l’atteggiamento giusto?
«Il Papa e Obama. Sono uomini che dialogano e non dividono il mondo in bianco e nero, ma sanno riconoscere le diverse altre tonalità. Obama ha proposto nel discorso del Cairo un atteggiamento nuovo. Non ha mai pronunciato la parola terrorismo. Oggi chi dialoga è un genio».
* Dove funziona finora?
«In America latina. Noi eravamo ignorati da Bush. Oggi c’è un nuovo dialogo, anche se non tutto va bene. C’è chi tenta di riciclare un vecchio modello ideologico, anche se lo chiama socialismo bolivariano. Non è comunismo, ma solo capitalismo mascherato, perché a pagare sono sempre i poveri».
* C’è solo Chavez e il Venezuela che la preoccupano?
«No. Mi preoccupa il ritorno al pensiero unico, che è un nuovo stile di dittatura. Mi preoccupano gli eccessi infamanti contro la libertà di stampa».
* L’Iran?
«Temo che sia sangue versato inutilmente. Ma la repressione alla fine perderà. In gioco ci sono interessi strategici, più il petrolio che la questione del nucleare, ma su questo si preferisce stare zitti. Tra Teheran e Caracas, due Paesi petroliferi strategici, ci sono voli diretti. Servono per trafficare denaro e armi. Ma nessuno ne parla».
* Chavez non sarà contento.
«Io sono abituato a parlare chiaro. L’ho fatto anche sullo Zimbabwe circa la repressione del presidente Mugabe e non mi hanno dato più il visto».
* La questione ambientale torna nell’agenda internazionale.
«Deve tornare. Nel prossimo vertice internazionale dell’Onu, a Copenaghen a dicembre, è necessario trovare un accordo radicale sulla giustizia climatica: chi inquina deve pagare. Non è moda ecologica perché in gioco c’è la sopravvivenza del mondo. E le Chiese cristiane stanno in prima linea perché sono fedeli alla creazione».
* L’acqua è il problema primario?
«Certamente. L’acqua deve essere considerata un diritto. Non si possono privatizzare l’acqua e le fonti, perché sui diritti umani non si deve negoziare. Ci accusano di essere sovversivi quando parliamo di queste cose. Prima dicevano che eravamo comunisti, ma oggi il comunismo non c’è più. Su queste cose non si può scherzare».
* Anche quando la Chiesa difende gli immigrati finisce sul banco degli imputati.
«Ogni nazione ha il diritto di approvare le leggi che vuole. Ma deve rispettare i diritti dell’uomo. Se si alzano muri non si risolve nulla. L’unico modo di fermare l’immigrazione illegale è aumentare gli aiuti allo sviluppo. Il contrario di quanto ha fatto il vostro Paese».
* I muri non provocano più scandalo.
«Purtroppo è così. Il muro di Berlino era uno schiaffo alla libertà. Il muro in Palestina lo è altrettanto, uno scandalo di cui nessuno parla. Solo il Papa lo ha fatto. Evidentemente c’è una doppia morale. I palestinesi soffrono ed emigrano. Gli insediamenti israeliani in Cisgiordania sono un esempio di ingiustizia. Da 60 anni i palestinesi nascono e crescono in campi di concentramento. Ma si parla solo dei lager nazisti. Obama ha ragione quando dice che la soluzione è solo quella di due Stati. Ma due Stati che si rispettino a vicenda».
* La Cina oggi ha in mano le chiavi dell’economia mondiale. Lei teme il turbocapitalismo cinese?
«Io temo tutte le economie che fanno leva sulla speculazione finanziaria. Pechino tiene in pugno molte economie, a cominciare da quella americana. Finora il mondo ha guardato alla Cina come a un paradiso dal punto di vista finanziario. Io mi permetto di avvisare di stare attenti alle pentole a pressione, perché qualche volta possono esplodere. E oggi il mondo è più convinto che la libertà sia il bene più prezioso. La crisi e la recessione stanno convincendo tutti che non si può guadagnare senza limiti. Il guadagno deve avere limiti, altrimenti provoca l’impoverimento di altri, i quali prima o poi presenteranno il conto. Invece si possono stabilire guadagni equi, senza prendere per la gola i poveri e senza imporre una limitazione della libertà».
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