Puntuale è giunta - ed è stata inviata a Famiglia Cristiana - la risposta dell'amico Marco Ciani. Personalmente osservo con preoccupazione il riallineamento (la restaurazione?) di FC, che nel passato brillava per libertà, indipendenza di giudizio, coraggio di "parresia". L'elettorato cattolico - si dice - si è spostato a destra; ho l'impressione che lo si voglia inseguire per ragioni... "di mercato". Ritengo pleonastico dire che condivido in toto le riflessioni espresse da Marco. E' vero: credo che sia in atto un processo di demolizione del cosiddetto "cattolicesimo democratico". Rimando per importanti stimoli di riflessione all'intervista a Raniero La Valle sull'ultimo numero di Appunti alessandrini (per richiederlo invia un'email al sottoscritto o a appunti.alessandrini@alice.it). Del resto recentemente in una importante Diocesi del Nord Est alla domanda di un prete: "Che valutazione dare dell'esperienza del cattolicesimo democratico e come relazionarci ad esso", l'illustre Vescovo di quella Diocesi ha risposto: "Il cattolicesimo democratico? Quella è una cosa che deve morire!". dwf
Ho letto con un misto di fastidio e tristezza l’articolo «Il “peccato originale” di un partito fantasma» sull’ultimo numero di Famiglia Cristiana.
Con una certa sbrigatività, un tempo impensabile per il più diffuso settimanale cattolico italiano, si afferma nell’introduzione “Con i radicali Veltroni ha tradito il PD e le attese dei cattolici”.
Non stupiscono più ormai le continue stilettate e prese di posizione di autorevoli esponenti dell’episcopato, appoggiati in questa campagna di logoramento dai potenti mezzi di informazione a disposizione, contro il Partito Democratico.
Impossibile, nel bel mezzo di questo fuoco di sbarramento, non intravedere nel cattolicesimo democratico -che, come ricorda l’articolo stesso, è cofondatore del nuovo soggetto politico - la vera posta in gioco.
Il tutto, al riparo di una tanto dichiarata quanto assai poco percepita e distinguibile equidistanza tra soggetti politici presenti in parlamento.
Nuovamente il casus belli sarebbe rappresentato dal drappello dei 9 parlamentari radicali su 378 del PD. Questo sparuto manipolo, da cui è stato escluso per decisione di Veltroni il leader storico Marco Pannella, fa parte dei gruppi parlamentari democratici ma non del partito.
Non vale a nulla che nel PD militino invece a pieno titolo una considerevole quantità di cattolici rappresentati anche in parlamento da centinaia tra deputati e senatori, tra cui esponenti di primo piano dell’associazionismo.
Non conta che i radicali abbiano appoggiato la destra - senza che si ricordino prese di posizione contrarie altrettanto nette e tuonanti – fino alle elezioni del 2006. Viene inoltre trascurato che da poco Forza Italia abbia nominato proprio portavoce Daniele Capezzone e che continuino a militarvi esponenti di dichiarata estrazione radicale come i riformatori liberali di Dalla Vedova, l’antiproibizionista Taradash o il referendario Calderisi.
Mi rendo conto che il nome di Emma Bonino desti probabilmente più scalpore.
Ma andrebbe almeno messo sul secondo piatto della bilancia l’impegno pluriennale della deputata radicale nelle campagne a favore dei diritti umani in tutto il mondo.
Invece niente.
Si critica la presenza un "ministro-ombra" alla pagliacciata – così la definisce l’estensore - del Gay Pride di Roma.
Non si ritiene invece una pagliacciata la presenza dei leader politici del centrodestra alla manifestazione del Family Day, dove hanno potuto portare il loro edificante esempio personale di famiglia cristiana: un campionario delle situazioni più svariate, dalla convivenza more uxorio al matrimonio plurimo.
Un caro amico tempo fa, ironizzando sulla situazione, mi disse: io non mi posso permettere di andare al Family Day; purtroppo ho avuto una sola famiglia e sempre la stessa moglie.
Né si traggono le conseguenze dal fatto che Berlusconi meni vanto dell’anarchia dei valori – richiamata dall’articolo di FC – nel suo partito.
L’esteriorità però va bene. Infatti un presidente del consiglio rassicurante e pieno di buone parole per la Chiesa è stato ricevuto recentemente in visita ufficiale dal Papa. In quella sede egli non ha potuto fare a meno di baciare, per ben due volte e con una certa platealità, l’anello del sommo Pontefice. Poco importa se in quel momento egli non rappresentava il privato cittadino Silvio Berlusconi, ma il governo di una nazione laica, indipendente e sovrana. Governo nel quale, a differenza di quello precedente, non si scorge un solo nome di spicco che possa rappresentare a buon titolo movimenti e associazioni del cattolicesimo italiano.
Viene così il dubbio che, in nome della difesa delle leggi esistenti su alcuni temi legati alla vita e al matrimonio, dei finanziamenti alle scuole cattoliche e di qualche altra norma favorevole alla Chiesa, si sia nei fatti operata una chiara scelta a favore della destra e dei suoi epigoni paganeggianti.
Anche quando si lascia scappare qualche timida critica nei confronti della destra, sembrano poco più che buffetti in confronto alle potenti censure riservate invece alla parte sinistra dello schieramento.
La sproporzione di trattamento è evidente.
Se, come tutto lascia supporre, questa è nei fatti prima ancora che nelle parole, l’opzione dei vertici ecclesiali del nostro paese, è ragionevole supporre che il lungo ciclo del cattolicesimo democratico sia destinato a terminare nel volgere di un tempo non lungo.
Risulta infatti difficile immaginare che una componente che si richiama – in quanto tradizione politica – ai valori insegnati dalla Chiesa possa sopravvivere alle sue continue e sempre più marcate prese di distanza.
Potranno rimanere singoli cattolici nel PD, magari anche con una presenza significativa. Ma la loro sarà una adesione a titolo personale che li collocherà, in qualche modo, in una posizione simile a quella che fu un tempo degli indipendenti di sinistra.
Una prospettiva più che dignitosa dunque, ma che poco avrebbe in comune con la tradizione che vide in Dossetti, Lazzati, La Pira, Moro e tanti altri personaggi autorevoli i suoi più illustri rappresentanti.
Si tratta di esponenti politici che hanno contribuito ad edificare sulla base della loro ispirazione cristiana, pur nell’ambito di una rigorosa aconfessionalità, la storia del nostro paese.
Forse resteranno nel PD coloro che si riconoscono ancora nelle parole seguenti:
“La proprietà privata non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto. Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supera il suo bisogno, quando gli altri mancano del necessario. In una parola, «il diritto di proprietà non deve mai esercitarsi a detrimento dell'utilità comune»”.
Sono frasi di Papa Paolo VI e sono tratte dall’enciclica Populorum Progressio.
Sembrano passati secoli da quando la Chiesa promuoveva la giustizia sociale come un valore non meno intangibile della difesa dell’embrione.
I tempi però cambiano.
Certamente il PD non è e non potrà mai essere un partito di soli cattolici.
Non è quindi concepibile di poter imporre una visione fedele agli insegnamenti della Chiesa anche a tutta la componente laica che vi milita.
Sarebbe invece possibile ricercare con successo delle soluzioni condivise per tutto il partito, anche su temi difficili e complessi, come quelli eticamente sensibili.
Temi sui quali solo la ricerca costante del dialogo e di un confronto sereno possono cambiare le coscienze e magari portarle a maturare posizioni più convergenti rispetto al magistero.
Invece si è scelta la strada più facile. Quella di agire direttamente sulla legge. In altri termini si è preferito intervenire sugli effetti più che sulle cause che conducono un paese composto in maggioranza – con buona pace delle manifestazioni oceaniche - da atei pratici ben lontani dalle indicazioni della Chiesa.
Un paese in cui la pratica religiosa si riduce costantemente, calano i matrimoni religiosi e aumentano le convivenze e dove l’ignoranza sui fondamenti della fede si fa di giorno in giorno più disarmante.
Insomma, piazze piene e chiese vuote.
Tornando alla politica. E’ chiaro che le uniche sintesi possibili oggi nel PD sui temi di confronto tra laici e cattolici sono posizioni di mediazione. Mediazione tra visioni differenti, ma ispirata alla ricerca del massimo bene possibile, o del male minore, in un’ottica di equilibrio tra diversi diritti che non sempre risultano completamente conciliabili.
Mi pare che su questo si possa dare atto anche ai non credenti del PD – in particolare all’area ex-diessina - di avere prodotto sforzi significativi e pagato dei prezzi salati. Tant’è che esponenti dell’ala più marcatamente in dissenso con la Chiesa, come il presidente dell’Arcigay Grillini o il matematico Odifreddi hanno abbandonato il PD in quanto non sufficientemente laico.
Se però, per quanto detto, ciò non è ancora bastevole (e neanche lo sarà mai) allora è meglio trarre direttamente le conclusioni e sostenere chiaramente che per i vertici del clero italiano il cattolicesimo democratico è finito. Concluso. Morto.
Si affermi che ogni composizione di posizioni diverse è ritenuta insufficiente in quanto ciò che si chiede è la pura e semplice adesione ai valori cattolici da parte di tutto il PD. Ma sapendo, mentre lo si afferma, che è una aspettativa impraticabile.
Le solite gerarchie – uniche voci udibili dell’episcopato, pur con le lodevolissime eccezioni di alcuni autorevoli vescovi a riposo – faranno bene però a riflettere su un punto.
Proviamo a ragionare in termini di prospettiva.
Se si obbliga il PD a fare a meno dell’apporto dei cattolici democratici, auspicando o blandendo ipotetiche scissioni, quasi inevitabilmente lo si spingerà, per reazione, verso posizioni non più semplicemente laiche, ma robustamente connotate in senso laicista.
Qualcosa di simile alla tanto contrastata linea di Zapatero in Spagna.
E forse sarà anche più naturale per un partito di sinistra abbracciare, come accade nel resto del vecchio continente, tesi di questo tipo piuttosto che di faticosa mediazione con le istanze cristiane.
A quel punto sarà solo questione di tempo, ma prima o poi l’alternanza democratica porterà nuovamente la sinistra al potere.
E la Chiesa ritroverà al di là del Tevere, una controparte ostile che, non più frenata da esigenze di conciliazione tra diverse visioni, imporrà con la forza dei numeri leggi poco gradite ai vertici ecclesiali, che potrebbero allora dover rimpiangere di non essere state a tempo debito un poco più prudenti e forse, anche lungimiranti. Marco Ciani
marcociani@hotmail.com
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