____________________________________________________________________

____________________________________________________________________
"La coscienza del cristiano è impegnata a proiettare nella sfera civile i valori del Vangelo" ____________________________________________________________________________________________________________________

martedì 12 febbraio 2008

Lettera aperta al Presidente Prodi da Franca Rame

Ho scritto all'inizio del suo mandato una lettera aperta al Presidente Prodi; meditavo in questi giorni, dopo la lettera di mons. Bettazzi, di scrivere anch'io qualche mia riflessione. Ma condividendo modi e contenuti della lettera a Prodi di Franca Rame, mi accontento di proporla agli amici che ogni tanto accedono a questo blog.

Gentile presidente Prodi, mi scusi se la disturbo, ma non posso farne a meno: ho una domanda da porLe che riguarda un grosso problema morale a cui La prego cortesemente di rispondere. Sono giorni che con grande malessere e malinconia, mi ritrovo a ragionare da sola sul susseguirsi degli avvenimenti, cercando di ricostruire come si sia arrivati a questa catastrofica situazione. Per capirci qualcosa dobbiamo partire dall’inizio della storia, rivederci i passi salienti della XV legislatura. Ricordo in quanti siamo andati alle urne sentendo il dovere di allontanare il rischio di un nuovo governo Berlusconi, e con lui tutte le sue leggi vergogna e il rosario di sciagure che ci ha imposto a proprio vantaggio. RitenendoLa persona onesta leale e capace, gli elettori confidavano nella realizzazione di almeno una buona parte delle 280 pagine del programma dell’Unione, dove già a pagina 18 si parla di conflitto d’interessi. Questa non era una vaga promessa ma un impegno sacrosanto che si assumeva coi Suoi elettori. Un impegno ribadito con forza subito dopo la vittoria elettorale, e prima di vestire la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri. Ne è passato del tempo, quasi due anni, ma di questo programma solo una parte ha visto la luce. Oltretutto, sui problemi più scottanti non si è neppure iniziato un dibattito, anzi si sono accantonati come si fa con i quesiti fastidiosi. Come mai? Da cosa è stato causato questo “accantonamento” dei molti problemi? Io mi rifiuto assolutamente di ritenerLa un giocoliere da Porta a Porta, che fa contratti con gli italiani e poi se la ride alle loro spalle. Temo piuttosto che Lei non abbia potuto tener fede al Suo programma perché a qualcuno della coalizione di sinistra o, meglio, sinistra-centrodestra non andava bene. Il Suo torto Presidente, mi permetta l’ardire e mi scusi, è stato quello di non denunciare subito, pubblicamente, le difficoltà in cui si veniva a trovare, a costo di recarsi in televisione e, a reti unificate, svelare la situazione, con un discorso tipo questo: “Mi rivolgo a voi, cittadini democratici che mi avete eletto vostro Presidente certi che avrei mantenuto le promesse fatte in campagna elettorale. Promesse che era mia profonda intenzione attuare, ma purtroppo mi è stato impedito. Sto a Palazzo Chigi, sì, ma in una condizione che ben si potrebbe definire di “libertà limitata”. I miei custodi sono coloro che non gradiscono cambiamenti sostanziali. Essi anelano piuttosto a poltrone, privilegi e affari. Ecco i nomi: …..” e doveva fare veramente i nomi, caro Presidente! Credo che Lei, Presidente, più di una volta abbia pensato veramente di dar fiato a questa denuncia, ma il senso di responsabilità e il timore per un futuro negativo per il Paese glieLo hanno impedito. Però a questo punto, Lei non se ne può andare con un indice di gradimento che non si merita, come non merita che si provino sfiducia e senso d’ironia verso la Sua persona. Quante volte è stato insultato, disprezzato e profondamente offeso? No, non può andarsene così, tra i lazzi di tanti rozzi-cafoni che ahimè ci accompagneranno negli anni futuri. La rispetto troppo per accettarlo. Caro Presidente, lei ha il dovere, l’obbligo di riacquistare la credibilità e la considerazione che si merita. C’è una sola strada da percorrere, anche se faticosa. Ma lo deve al Paese: fuori i nomi di chi Le ha impedito di portare a termine gli obiettivi prefissati e soprattutto le subdole scantonate ricattatorie con le quali è stato indotto ad affossare le parti essenziali del programma. E’ indispensabile che i Suoi elettori siano consci d’ogni pressione alla quale ha dovuto adattarsi e cedere. Dobbiamo sapere quali sono gli onorevoli che, sia in Parlamento che al Governo hanno materialmente fatto opposizione alla realizzazione di misure fondamentali per il cambiamento del nostro Paese. È un diritto che ci spetta. E Lei, professor Prodi, questo atto ce lo deve. Non solo per onorare la nostra lealtà ma anche la Sua.

Il suo silenzio è sicuramente un gesto di fairplay nei confronti dei suoi avversari, ma in questo modo ci lascia nelle loro mani! Chi Le ha imposto quel numero spropositato di sottosegretari, ministri con portafoglio e senza portafoglio? Chi si è opposto all’abbattimento dei costi della politica? Chi ha bloccato, nei fatti, la più severa applicazione della riforma in materia di sicurezza sul lavoro? Chi sono le persone che hanno vanificato la realizzazione dei DICO? Chi ha voluto la vergogna dell’indulto di tre anni? Chi le ha tirato la giacchetta per tentare di portare a termine una legge-bavaglio sulle intercettazioni? Chi ha voluto il commissario De Gennaro a Napoli, il super-poliziotto di buona memoria alcuna in materia di gestione dei rifiuti? Chi si è messo di traverso per bloccare la tassazione delle rendite finanziarie? Chi ha impedito un serio confronto sulle missioni all’estero? E sulla base di Vicenza? Chi Le ha fatto ingoiare l’accettazione di quel impegno capestro? Tutte scelte soltanto Sue? Ma chi ci può credere?! Come diceva Socrate: “Solo rovesciando la tunica lisa si può leggere con chiarezza la storia di chi l’indossava.” Quindi sarebbe davvero utile che Lei spiegasse pubblicamente a tutti i cittadini italiani le vere ragioni che hanno portato prima al giornaliero logoramento e poi alla caduta del Governo da Lei presieduto. Non può tacere i motivi veri della crisi, altrimenti permetterebbe che coloro che hanno deliberatamente affossato il Suo Esecutivo, possano tranquillamente continuare ad abbattere qualsiasi tentativo serio di modificare la situazione di grave deterioramento, politico, economico e sociale, del nostro Paese. E non mi riferisco soltanto a responsabilità dell’opposizione ben organizzata (questo è il mestiere del polo conservatore!) ma piuttosto al tradimento messo in atto da elementi di governo in combutta con ambigui faccendieri. Se non si assume, una volta per tutte, il coraggio politico di fare chiarezza, ci troveremo come sempre a roteare nel cerchio dell’ignavia, dal quale non si uscirà mai. Le avvisaglie di questo torbido clima, che alla fine ci ha portato alla débâcle, ci erano apparse palesi fin dall’inizio di questa Legislatura: dal primo giorno in Senato, quando dovevamo eleggerne il Presidente. Si ricorda le tre votazioni andate a vuoto? Tre votazioni! Per tre volte i Suoi senatori, sbagliavano il nome o il cognome: Franco Marini (il prescelto) con Francesco Marini o Giulio Marini o Ignazio Marino, con l’aggiunta di schede bianche. Insomma, i numeri non c’erano. La seduta è finita a tarda notte senza nulla di fatto. Quando “novella senatrice” chiedevo: “Ma che sta succedendo? Come può accadere che sbaglino? Non è difficile!” mi si rispondeva: “Qualcuno della nostra coalizione manda messaggi: richieste rivolte al Presidente del Consiglio. Vogliono qualcosa, stanno bussando e attendono risposta come a tre sette! Finché non l’avranno ottenuta, niente Presidente!” “Ho capito! – ho esclamato – E’ un gioco al ricatto! Mio Dio, ma dove sono capitata?! E’ questa la politica?” Se tanto mi dà tanto mi domandavo: quante telefonate in codice avrà ricevuto, Presidente, e pressioni, e messaggi: “Io do, tu mi dai… noi ti appoggiamo, tu ci favorisci. Quanti sottosegretari sei disposto a sistemarci? Quanti ministeri? Quali favori?” Insomma, la solita danza da pochade con porte, portoni e portali che si aprono e chiudono in tempo e contrattempo. Temo che tutto quanto è successo sotto i miei occhi da neofita stupita, in questi 23 mesi si sia ripetuto a tormentone: “O mi favorisci o mi astengo e tu inciampi e vai giù piatto a terra”. La partita è chiusa, d’accordo… E che facciamo? Ce ne andiamo mesti per non aver reagito con solerzia all’andazzo del prender tempo nella speranza d’arrangiare ogni situazione? Io non credo si possa rimontare da sotterrati. So che è duro, ma questo è il tempo di non accettare supinamente, senza un moto di orgoglio, d’esser gettati nella discarica dei refuses politici e soprattutto è ora di denunciare le responsabilità di chi all’interno della coalizione ha remato contro, trascinando il Paese a questa rovina, evitando di incolpare la malasorte che sghignazza sempre nell’angolo basso della storia. Ora è “solo” Presidente. E’ il Suo momento. Lei deve finalmente parlare. Deve dare una risposta decisa alla domanda che in tanti Le poniamo: “Perché non ha reagito alle imposizioni ricattatorie da subito… perché non si è impegnato con tutte le sue forze e sul conflitto d’interessi e sulle leggi vergogna?” Attendiamo in TANTI una risposta. Con stima.
Franca Rame

domenica 10 febbraio 2008

Meditare la Costituzione per combattere il “fascismo eterno”

La legge che ha istituito il Giorno della Memoria ci invita a ricordare il 27 gennaio di ogni anno “la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati” (l. 211/2000 art.1). Questo ricordo, mesto per coloro che hanno perso la vita e insieme pieno di gratitudine verso coloro che l’hanno sacrificata per gli altri, s’intreccia quest’anno con il sessantesimo anniversario della nostra Carta costituzionale. Ricordare che l’antifascismo è stato un elemento comune a tutte le forze che insieme scrissero la Costituzione italiana non è solo l’affermazione di un dato storico. Se la Costituzione ha ancora qualcosa da dire ai cittadini di oggi è necessario ripartire proprio da qui.
Molti paiono esserselo dimenticati, dal momento che non possiamo essere così ipocriti da negare che molte persone sostengono che in questa nostra Italia dai governi brevi e dalle risse in Parlamento ci vorrebbe qualcuno a sistemare le cose, qualcuno come “lui”. E con questo rispettosissimo “lui” si sta ad indicare l’inventore stesso del fascismo, Benito Mussolini.
Non è solo un riferimento più o meno diretto ad un preciso periodo storico italiano del secolo scorso – cosa già di per sé molto grave! – a mostrare come si stia diffondendo un certo modo di pensare. Si tratta di qualcosa di ben più profondo e a volte addirittura inconsapevole, che si palesa nelle modalità di affrontare i temi sociali e politici.
Solo alcuni sintomi: il disprezzo per chi viene da altri paesi; la paura di perdere la propria identità e le proprie tradizioni nel confronto con le altre culture; la sufficienza verso chi non arriva alla fine del mese accompagnata dalla profonda indignazione per il dramma di chi invece non può neppure permettersi una piscina decente; il non tanto taciuto desiderio di far sparire portatori di handicap e non autosufficienti perché non rispondenti alla logica dell’efficientissima società del terzo millennio, dietro l’ipocrita giustificazione che “così si evitano loro maggiori sofferenze”; la superbia nel cercare di apparire sempre al di sopra degli eventi, degli altri e spesso delle leggi. Purtroppo potremmo continuare così per molte altre righe.
Qualcuno sarà portato ad alzare le spalle, pensando che si tratti perlopiù di chiacchiere da bar. Al contrario proprio questo è motivo di maggiore preoccupazione.
Tutto ciò sta infatti a significare che l’opera educativa della scuola ma anche della politica ha fallito o non è stata sufficiente. Se così tante persone, che hanno un’istruzione almeno elementare e spesso superiore – e che magari non esitano a dichiararsi vicini alla matrice culturale cristiana! – possono mostrare tanto disprezzo per la democrazia, per la libertà, per la tolleranza e per il diritto, allora è compito di chi crede ancora in questi valori sforzarsi continuamente perché essi non cadano nell’oblio.
Strumento privilegiato per raggiungere questo nobile scopo resta la nostra Costituzione, scritta sulle macerie della seconda guerra mondiale per essere antidoto ai veleni sempre in agguato dei fascismi di ogni epoca e di ogni luogo.
Sulle caratteristiche proprie di tutti i fascismi – di cui quello italiano è il paradigma – ha dedicato un breve eppur molto significativo saggio Umberto Eco, elaborando il concetto di Ur-fascismo (o fascismo eterno). Vale la pena di riportare alcune sue parole: “L’Ur-Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. Sarebbe così confortevole, per noi, se qualcuno si affacciasse sulla scena del mondo e dicesse: “Voglio riaprire Auschwitz, voglio che le camicie nere sfilino ancora in parata sulle piazze italiane!” Ahimè, la vita non è così facile. L’Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme – ogni giorno, in ogni parte del mondo.” (U. Eco, Il fascismo eterno, in Cinque scritti morali, Bompiani, 1997).
Stefano Mussi

sabato 2 febbraio 2008

Adorazione e immoralità

A proposito della proposta di adorazione eucaristica per “le vittime delle gravi situazioni di condotta morale e sessuale di una piccolissima parte del clero” avanzata dal Card. Hummes, mi sono state rivolte alcune domande. “Come giudica questa iniziativa? E’ “utile”, per così dire, e in che modo? La Chiesa potrebbe fare di più/altro? In che modo la Chiesa può cercare di riparare al danno fatto alle vittime? Questa iniziativa potrà aiutare ad evitare che si ripetano le violenze?”. Questa la mia risposta.


Da credente, e da credente nella forza della preghiera, non posso certo contestare l’iniziativa proposta dal card. Hummes. Ho tante amiche in monasteri di clausura e non ritengo certo che la loro vita “sia uno spreco”! Anzi, io stesso, mi appoggio spesso alla loro forza, alla loro fede, alla loro maturità cristiana, ma anche a quella umana che emerge con limpidezza dal colloquio con loro. Credo che il punto vero sia questo. Con una frase fatta potrei dire: “Il problema è culturale …”.
Voglio dire che il rischio è di un’iniziativa che trasferisca i problemi nei “massimi sistemi” della Spiritualità. Non importano tanto le statistiche, che sia l’uno o il dieci per cento del clero che compie riprovevoli atti di pedofilia; non importa tanto che si possa replicare che la maggior parte degli atti pedofili accadono all’interno dei nuclei familiari (volendo così togliere ogni relazione tra celibato obbligatorio e comportamento sessuale maturo). Leggendo alcune reazioni alla proposta del cardinale è evidente che molti l’hanno intesa come un tentativo “buonista”… per affidare alla “misericordia” di Dio, più che alla giustizia umana, chi ha sbagliato; per placare con la ribadita esaltazione della loro dignità umana le vittime, che in qualche caso si tenta di far passare come istigatori …
Penso che accanto a questa giusta iniziativa sia però necessario che si apra nella Chiesa una riflessione seria, plurale, partecipata, libera, fatta con “parresìa”, senza veti, senza censure, non sussurrata nei pettegolezzi curiali o di sacrestia sulle mille ragioni e cause di tanto disagio tra tanti preti: una riflessione sulla sessualità umana che tenga conto delle acquisizioni delle moderne “scienze umane”; una riflessione che non crei indebiti e criminalizzanti accostamenti tra omosessualità e pedofilia; una riflessione sincera che prenda atto della crescente difficoltà nell’attuale contesto culturale – che non può essere esorcizzato o semplicisticamente condannato - per tanti preti di vivere serenamente il celibato (tutti conosciamo i molteplici cedimenti su questo fronte: relazioni nascoste etero ed omosessuali, frequentazioni di prostitute, “coppie di fatto” su cui si stende un velo di silenzio …); una riflessione sulle tante forme di “solitudine” dei preti, che spesso sentono non la paternità (attraverso il Vescovo o comunque l’autorità) e la maternità della Chiesa, ma soprattutto il peso di una organizzazione/istituzione che guarda e premia risultati che spesso sono altro rispetto alla “passione per il Vangelo” che pure è ancora l’anima della vita di tanti preti, pur nelle loro fragilità umane, che non mirano “alla carriera”, ai titoli, alla possibilità (altro scandalo!) di far soldi e rimpinguare il conto in banca. Una riflessione che ripensi, alla luce del Vangelo e non solo di un pur gloriosa e preziosa “tradizione” spirituale e teologica, al valore sì del celibato, ma anche al valore della stessa sessualità umana. In fondo una certa spiritualità – e la conseguente educazione seminaristica – ha prodotto l’identificazione tra celibato e “castrazione” senza prendere in considerazione l’ineliminabile dimensione affettiva della vita: forse non era questo che intendeva Gesù quando parlava di “eunuchi per il regno dei cieli”.
Insomma, l’importante è che di questi problemi si parli, si rifletta, si preghi, ma non in una sorta di samizdat, di letteratura clandestina con il timore degli strali di Roma e con una sottile, ipocrita, preoccupazione di autodifesa e di apologetica di casta. È un problema di fede certo, di vita spirituale certo, ma anche certo di maturità umana che permetta di vivere con serenità tutte le dimensioni della vita, quelle dimensioni che Dio stesso ha amato e fatto sue con l’incarnazione. dwf