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"La coscienza del cristiano è impegnata a proiettare nella sfera civile i valori del Vangelo" ____________________________________________________________________________________________________________________

sabato 2 febbraio 2008

Adorazione e immoralità

A proposito della proposta di adorazione eucaristica per “le vittime delle gravi situazioni di condotta morale e sessuale di una piccolissima parte del clero” avanzata dal Card. Hummes, mi sono state rivolte alcune domande. “Come giudica questa iniziativa? E’ “utile”, per così dire, e in che modo? La Chiesa potrebbe fare di più/altro? In che modo la Chiesa può cercare di riparare al danno fatto alle vittime? Questa iniziativa potrà aiutare ad evitare che si ripetano le violenze?”. Questa la mia risposta.


Da credente, e da credente nella forza della preghiera, non posso certo contestare l’iniziativa proposta dal card. Hummes. Ho tante amiche in monasteri di clausura e non ritengo certo che la loro vita “sia uno spreco”! Anzi, io stesso, mi appoggio spesso alla loro forza, alla loro fede, alla loro maturità cristiana, ma anche a quella umana che emerge con limpidezza dal colloquio con loro. Credo che il punto vero sia questo. Con una frase fatta potrei dire: “Il problema è culturale …”.
Voglio dire che il rischio è di un’iniziativa che trasferisca i problemi nei “massimi sistemi” della Spiritualità. Non importano tanto le statistiche, che sia l’uno o il dieci per cento del clero che compie riprovevoli atti di pedofilia; non importa tanto che si possa replicare che la maggior parte degli atti pedofili accadono all’interno dei nuclei familiari (volendo così togliere ogni relazione tra celibato obbligatorio e comportamento sessuale maturo). Leggendo alcune reazioni alla proposta del cardinale è evidente che molti l’hanno intesa come un tentativo “buonista”… per affidare alla “misericordia” di Dio, più che alla giustizia umana, chi ha sbagliato; per placare con la ribadita esaltazione della loro dignità umana le vittime, che in qualche caso si tenta di far passare come istigatori …
Penso che accanto a questa giusta iniziativa sia però necessario che si apra nella Chiesa una riflessione seria, plurale, partecipata, libera, fatta con “parresìa”, senza veti, senza censure, non sussurrata nei pettegolezzi curiali o di sacrestia sulle mille ragioni e cause di tanto disagio tra tanti preti: una riflessione sulla sessualità umana che tenga conto delle acquisizioni delle moderne “scienze umane”; una riflessione che non crei indebiti e criminalizzanti accostamenti tra omosessualità e pedofilia; una riflessione sincera che prenda atto della crescente difficoltà nell’attuale contesto culturale – che non può essere esorcizzato o semplicisticamente condannato - per tanti preti di vivere serenamente il celibato (tutti conosciamo i molteplici cedimenti su questo fronte: relazioni nascoste etero ed omosessuali, frequentazioni di prostitute, “coppie di fatto” su cui si stende un velo di silenzio …); una riflessione sulle tante forme di “solitudine” dei preti, che spesso sentono non la paternità (attraverso il Vescovo o comunque l’autorità) e la maternità della Chiesa, ma soprattutto il peso di una organizzazione/istituzione che guarda e premia risultati che spesso sono altro rispetto alla “passione per il Vangelo” che pure è ancora l’anima della vita di tanti preti, pur nelle loro fragilità umane, che non mirano “alla carriera”, ai titoli, alla possibilità (altro scandalo!) di far soldi e rimpinguare il conto in banca. Una riflessione che ripensi, alla luce del Vangelo e non solo di un pur gloriosa e preziosa “tradizione” spirituale e teologica, al valore sì del celibato, ma anche al valore della stessa sessualità umana. In fondo una certa spiritualità – e la conseguente educazione seminaristica – ha prodotto l’identificazione tra celibato e “castrazione” senza prendere in considerazione l’ineliminabile dimensione affettiva della vita: forse non era questo che intendeva Gesù quando parlava di “eunuchi per il regno dei cieli”.
Insomma, l’importante è che di questi problemi si parli, si rifletta, si preghi, ma non in una sorta di samizdat, di letteratura clandestina con il timore degli strali di Roma e con una sottile, ipocrita, preoccupazione di autodifesa e di apologetica di casta. È un problema di fede certo, di vita spirituale certo, ma anche certo di maturità umana che permetta di vivere con serenità tutte le dimensioni della vita, quelle dimensioni che Dio stesso ha amato e fatto sue con l’incarnazione. dwf

1 commento:

il ricciolo ha detto...

grazie don per la tua sempre puntuale riflessione. fortunatamente quest'anno, a un ritiro spirituale mensile, il padre spirituale del seminario interdiocesano di fossano ha trattato della dimensione affettiva e di come vivere serenamente la propria sessualità da seminaristi. è stata la prima volta da quando sono in seminario (sono ormai al 5° anno) che è stato toccato questo tema...
meglio tardi che mai...