Ringrazio gli Amici Luciano e Paola per la segnalazione!
Ho sempre avuto disagio per il modo con cui normalmente si svolge il rapporto tra chiesa e società civile sul piano sia teorico che pratico.
Ultimamente il disagio è diventato acuto.
Ci sono tre aspetti intimamente connessi, relativi a questo tema, che mi piacerebbe discutere con amici:
1. il rapporto chiesa e società civile-politica oggi in Italia
2. la distinzione o meno tra legge personale e legge civile
3. il dialogo tra vertice e base ecclesiale
Le note di questo intervento sono piuttosto dense per evitare una estensione inopportuna. Ne risulta un certo impegno di lettura di cui i lettori mi scuseranno.
1. In pratica la Gerarchia (italiana, vaticana) sostiene l'attuale destra politica al potere.
Profluvi di leggi ad personam, attentati alla democrazia e alla tripartizione dei poteri su cui si fonda, ragnatele di comando che fanno impallidire quelle dell'antica DC, settarismo della comunicazione per lo strapotere mediatico, salottini sconci a spese dello stato, modi triviali di propaganda, bugie e voltafaccia sistematici, ostilità pregiudiziale verso gli immigrati...questi ed altri fatti della destra al potere sembrano non pesare gran che nel globale pronunciamento del Magistero. Eppure trascinano con sé tra l’altro un risvolto educativo preoccupante, perché sembrano comportamenti progressivamente acquisiti dal popolo come norma del governare.
Quali i motivi allora di tale sbilanciato sostegno del Magistero? Accediamo al secondo punto per una risposta plausibile.
2. Non entro in merito a possibili recondite seconde intenzioni.
Mi attengo alla motivazione circolante: la difesa dei valori primari umani nella legislazione civile.
La destra italiana attuale appare alleata in questa difesa.
Ripropongo un quesito tanto antico e ripetuto, quanto non debitamente affrontato: ho sempre il diritto e il dovere di imporre con legge civile i valori della mia coscienza personale anche a chi non li condivide?
Per qualcuno, sì; la coscienza personale e il trasferimento in legge civile andrebbero di pari passo.
Ho fatto attenzione, ma non ho finora trovato una fondazione accettabile di questa tesi.
Per altri, tra cui il sottoscritto, le due cose invece non vanno necessariamente di pari passo. Essi argomentano:
a. il bene comune talvolta richiede o almeno permette una legge civile diversa dall’obbligo personale. Così nello stato pontificio per lungo tempo il papa ha permesso le case di tolleranza perché riteneva che fossero un male minore rispetto alla libera prostituzione, pericolosa alla salute pubblica e praticamente sfuggente ogni proibizione legale; certo, la coscienza del Papa non approvava il commercio dei corpi!
b. la libertà dell'altro è un tesoro immenso da difendere strenuamente! Tesi non da dimostrare, è originaria della convivenza.
Il senso comune aggiunge però una limitativa: da difendere, sì; ma finché è possibile. E spesso non è possibile. Questa limitativa s'impone: ci sono casi in cui si può o si deve limitare la libertà altrui quando questa a sua volta fosse dannosa della libertà di altri.
Ma per i singoli casi la limitazione deve essere argomentata. E questo è il punto dolens.
Negli ultimi tempi, e recentemente prima delle elezioni regionali, ho rincorso invano tale argomentazione nei pronunciamenti del Magistero relativi alle cosiddette "materie eticamente sensibili" (aborto, fecondazione artificiale, testamento biologico…). Essi si rivolgono alla coscienza del cristiano legiferante esattamente come se si rivolgessero al cristiano nel suo comportamento personale.
Dovremmo forse concludere che il Magistero non condivide la distinzione tra legge personale e legge civile? cioè non condivide che la libertà dell’altro e certe condizioni di bene comune permettano nella legge civile un comportamento non consentito alla coscienza personale? Ritengo e spero non sia così.
Potremmo invece supporre in maniera più verosimile che il Magistero condivide la distinzione in linea di principio e però non la considera applicabile in alcuni casi come sarebbero le suddette materie eticamente sensibili. Allora dovrebbe precisare perché in questi casi il valore umano in gioco è tale da essere "non negoziabile", cioè deve essere trasferito perentoriamente in legge civile.
Il Papa al n. 83 del "Sacramentum caritatis" dice non negoziabili le "leggi naturali". Quali sono?
Oggi l'idea di "legge naturale" non è di facile e comune condivisione, almeno quanto alla sua conoscibilità. Ma poi anche quando una certa legge o una certa proibizione rispecchia il bene naturale universale, devo considerare e rispettare, finché è possibile, la libertà altrui. Che diritto ho d'imporre all'altro il compimento del suo bene?
3. Tra vertice e base ecclesiale quale dialogo intercorre oggi su quel novero delicato di questioni? E nella base stessa quale dialogo sugli interventi del Magistero? Silente obbedienza o silente disinteresse. E paura.
Non è certo così una comunità cristiana. Dobbiamo cambiare rotta. Facciamolo almeno prima che si amplifichi in maniera preoccupante l'apostasia silenziosa di quei cattolici che non si limitano a dire che il Magistero deve essere più cauto nell'imporre ai fedeli un comportamento civile-politico, deve discuterlo con la base ecclesiale, deve motivarlo. Eh! no. Essi non credono, o non credono più, "di principio", che il Magistero abbia il diritto di dettare alcunché alla coscienza del credente in ambito civile. Questo per me, credente-sacerdote, è grave. E dilagante!
Che ne pensano gli amici?
don Enrico De Capitani, parroco di S. M. Incoronata - Mi
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