____________________________________________________________________

____________________________________________________________________
"La coscienza del cristiano è impegnata a proiettare nella sfera civile i valori del Vangelo" ____________________________________________________________________________________________________________________

lunedì 29 marzo 2010

La parte del prete (Pensieri pasquali)

Questa me l’ha raccontata mio nonno che di nome faceva Lucio Agostino, ma in paese tutti lo chiamavano Gustu; tanto che anche mio padre, quando nacqui io, si era dimenticato di Lucio ed all’anagrafe mi impose il nome di Agostino, Gustu appunto.
La vicenda risale ai primissimi anni del secolo scorso ed ovviamente non ne fui testimone: non ero ancora nato io e neppure i miei genitori. Ai tempi, soprattutto nei paesi, i partiti politici erano ancora sconosciuti alle masse che, come noto, ne prenderanno coscienza nel primo dopo/guerra. Non mancavano tuttavia fenomeni di dialettica piuttosto…vivaci, interpretati dalle confraternite religiose. Al paese ne esistevano due: la compagnia del “Santissimo Sacramento” e quella dei “Battuti”, detta anche della “Buona morte”, che avrebbe dovuto assistere i condannati a morte nel momento dell’esecuzione, ma, abolita la pena di morte, non aveva certo pensato a sciogliersi e si dedicava ai malati terminali, in agonia.
Va detto che il paese contava più di tremila abitanti (oggi si sono ridotti a meno di millecinquecento). Le confraternite contavano non meno di duecento confratelli ciascuna; inoltre tra parenti, sostenitori e simpatizzanti dell’una e dell’altra, tutto il paese ne era coinvolto e sostanzialmente spaccato a metà (metà con l’una, metà con l’altra). Dire che si guardavano in cagnesco, significa ricorrere ad un eufemismo; se dovessimo metterla sul sincero, dovremmo dire che si odiavano senza riserve e senza tregua, nel nome del rispettivo santo protettore. In certe occasioni però, erano obbligate ad incontrarsi: ad esempio nelle processioni che il paese celebrava con una certa regolarità e frequenza.
Nonostante i rapporti…conflittuali, le cose riuscivano sempre a comporsi, grazie alle regole ferree pattuite da sempre e sanzionate dall’autorità religiosa, il parroco. La regola stabiliva anche, ed in particolare, a chi spettava, di volta in volta, il posto d’onore: se la processione era quella del “Corpus Domini”, posto d’onore alla “Compagnia del Santissimo”, se era quella del giorno dei defunti, posto d’onore alla compagnia dei “Battuti”, (“Buona Morte”) e così via.
La cosa funzionava, ma l’equilibrio (lo si sentiva nell’aria) era precario: le regole, per quanto ferree, si possono sempre interpretare.
Il “casus belli” nacque per un’”imprudenza” proprio del Parroco: tipo intraprendente e sanguigno, nei primissimi anni del secolo, anche un po’ per fare dispetto ad un gruppetto di “anticristo” (i socialisti, s’intende) presenti pure nel paese, pensò di istituire la processione del “Venerdì santo”. Gli “anticristo” neanche se ne accorsero, ma i confratelli delle due fazioni si trovarono di fronte al fatto nuovo, non regolamentato: a chi la precedenza, a chi il posto d’onore?
Ne nacque un’inedita discussione…teologica: dico inedita, perché, per quanto poco ne possa capire, il motivo del dissenso non mi pare abbia a che fare con la teologia.
Argomentavano i confratelli del “Santissimo”. La processione porterà, in visita per le contrade del paese il Cristo morto, ma morto come uomo, perché, come Dio non può morire (avevano mandato a memoria il catechismo); ora noi siamo la compagnia del “Santissimo” che altri non è che Dio, presente nell’Eucarestia, quindi il posto d’onore spetta a noi.
Ribattevano i confratelli “Battuti”. Furbizie da “Garibuia”! (l’espressione era più colorita, ma ve la risparmio); il venerdì santo, Cristo muore e dunque il posto d’onore spetta a noi, compagnia della “Buona morte”. Il parroco aveva un bel richiamare i grandi principi evangelici della mansuetudine e dell’amore, dei primi che saranno gli ultimi e, viceversa degli ultimi diventati primi; i confratelli conoscevano a memoria il catechismo, ma si guardavano bene dal toccare la Bibbia, testo pericoloso, roba da luterani e protestanti!
Alla fine dovette decidere l’autorità, il parroco per l’appunto. E poiché la Compagnia del “Santissimo” aveva sede in Parrocchia, mentre quella dei “Battuti”,(“Buona morte”) aveva sede presso la Chiesa dell’oratorio di “S. Sebastiano” (a duecento metri circa dalla parrocchiale), il parroco prese parte per i confratelli della prima.
Apriti cielo: i capitolari (si chiamavano così i dodici capi delle confraternite) dei “Battuti”, riuniti d’urgenza, decisero, all’unanimità, in cinque minuti: sciopero! Avrebbero disertato la processione del “Venerdì santo”. Il priore, capo dei dodici, di nome Carlo, ma, in paese chiamato Carlottone (Carluton), ovviamente per la mole fisica ( 190 cm. di altezza ed un quintale di peso), si presentò all’autorità religiosa (il parroco) e fece formale comunicazione. Dopo uno scambio di cordiali, caritatevoli e colorite minacce i due si lasciarono, promettendosi una imminente “Filippi”.
Nel paese cominciarono le scaramucce, accompagnate da qualche “contatto fisico” fra le due fazioni, ma il bello sarebbe arrivato nel giro di pochi giorni.
Va precisato, per fedeltà di cronaca, che il “giovedì santo” e dunque, per quell’anno, giorno precedente la prevista processione, da tempo immemorabile, i confratelli “Battuti” si recavano in corteo, e solo loro, dalla Chiesa dell’oratorio alla parrocchiale; qui, alla presenza di tutto il paese (o quasi) recitavano a voce ben alta alcune preghiere e ad ogni “imprecazione” (si diceva così) in tono cantilenante chiedevano, per tre volte “misericordia, misericordia, misericordia!”. Alla fine il prete di turno predicava sul tema dell’infinita misericordia di Dio.
Anche quell’anno, l’appuntamento non venne annullato: lo sciopero riguardava solo la sera successiva. Il fatto è che terminate le invocazioni, il parroco, ormai in rotta coi “Battuti”, invece di proporre la misericordia di Dio attaccò una predica di accuse agli scioperanti del giorno appresso: la colpa loro era quella di aver sabotato la comunione ecclesiale e di aver turbato la pace pubblica. Seguirono parole di fuoco, un torrente, in crescendo, di attacchi ai poveri “Battuti”. Costoro che non sapevano neanche immaginare il ruolo di vittima, reagirono prontamente: Carlottone (Carluton) lanciò un’occhiata ai confratelli più giovani che erano piazzati in fondo alla Chiesa e, a cenni, ordinò loro di aprire le porte. Contemporaneamente si consultò coi colleghi capitolari, con breve movimento del capo, quindi afferrò il crocione che portava; di dimensioni notevoli, anche se non proprio paragonabile ai “Cristi” che parecchie Chiese di Liguria vantano ancora oggi, se usato per fini non compatibili con la devozione poteva produrre effetti interessanti. Carlottone, alto poco meno di due metri, puntò la sua croce in faccia al parroco che concionava con voce tonante: non ci fu contatto fisico, ma una pantomina ed una girandola davanti agli occhi del malcapitato prete che fece inorridire i fedeli presenti. Quindi il gruppo compatto dei “Battuti” (confratelli della “Buona morte) intonò, a voce spiegata il “Miserere”, un salmo composto da Davide per chiedere perdono delle sue malefatte, e con ordine, in processione, abbandonò la Chiesa. Frattanto tra i presenti si scatenò il pandemonio: tutti urlavano senza ritegno ed infine si passò alle mani, con interventi di fatto, tra i fautori delle opposte fazioni, mentre i “Battuti” ritornavano tranquilli alla Chiesa di S: Sebastiano.
La processione fu sospesa, poi soppressa e fu ripristinata solo molti anni dopo, quando la crisi delle Confraternite e la scomparsa di una di esse (non vi dirò quale), tolse ogni possibilità di contesa.
Mio nonno però mi aggiungeva alcune considerazioni sulla responsabilità dei preti che anziché predicare la parola di Dio si schierano nelle parti e nelle contese; diceva anche che il prete che si schiera con una parte in conflitto finisce sempre per allontanare i fedeli dalla Chiesa.
Dirò anche che un suo amico (di mio nonno) citava sempre la vicenda come un esempio dell’autonomia dei Laici; su questo credo di dover sorvolare per molte ragioni ed anche perché, da allora, di strada ne abbiamo fatto poca e spesso siamo andati piuttosto indietro.
Siamo a Pasqua e forse per questo, quanto vi ho narrato, potrebbe riuscire persino attuale.
Agostino Pietrasanta

Nessun commento: