____________________________________________________________________

____________________________________________________________________
"La coscienza del cristiano è impegnata a proiettare nella sfera civile i valori del Vangelo" ____________________________________________________________________________________________________________________

martedì 11 dicembre 2007

III domenica di Avvento

Come si fa ad avere un cuore paziente nel tempo dell’attesa? Fatichiamo a vivere questa attesa come una mamma attende la nascita del suo bambino. Fatichiamo a vivere questo nostro travagliato tempo di “crisi” come una “crisi” di crescita e non di agonia. Non possiamo non interrogarci: «Ho visto giusto? Ho scelto bene? Non ho preso un abbaglio? Le mie ansie, i miei disagi, le mie rabbie non sono forse mancanza di fede? Il sentire la difficoltà di essere “cattolico”, oltre al peso delle fragilità e del peccato, non scuotono nel profondo la mia fede?». Comprendo i dubbi di Giovanni Battista: è in carcere, sa di rischiare la testa per la rabbia di una concubina e per l’ipocrisia di un potente che non accetta la denuncia della sua ipocrisia, ha vissuto tutta la sua aspra e faticosa vita per preparare la strada al Messia… come non essere perplesso e dubbioso? Il Messia non ha i suoi toni, non tuona contro la nequizia dei tempi, non attacca frontalmente i nemici della Legge di Dio e coloro che lo hanno imprigionato, parla con toni forti ma con tenerezza verso la debolezza umana, parla di perdono dei peccati, di amore verso i nemici, di perdono sic et simpliciter, non minaccia vendette, rivalse, e se vuol accendere un fuoco non è per incenerire qualcuno e per spaventare, ma vuol accendere il fuoco dell’amore… Gesù, invece, propone un perdono incondizionato, rimette le colpe, non minaccia né attua vendetta, dice che quel fuoco lo vuole accendere, certo, ma a partire dall'amore, non certo dal timore. Troppo diverso questo Messia dal Messia atteso da Giovanni e da Israele, troppo diverso. Invece di bruciare la pula e ripulire l’aia fa del bene, risana corpi e cuori, proferisce non condanne ma beatitudini, frequenta dubbi personaggi che dovrebbe invece minacciare e condannare.
Il mondo è carico di ambiguità, il pensiero diffuso è “debole” e segnato dal relativismo e dal “cancro del soggettivismo”, abbiamo bisogno di “punti fermi”, di verità assolute. Allora ha ragione la Chiesa nelle sue gerarchie, nella sua secolare forma istituzionale a incarnare i toni, talvolta aspri e acidi, di Giovanni Battista, per separare chiaramente il grano dalla pula, per stabilire che chi non è con noi è contro di noi, per individuare e segnalare i “nemici della Chiesa” che, indubitabilmente, sono anche “nemici di Dio”… Come facciamo a non sentire falsi i toni di questa liturgia: “Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino”, quando non la gioia prevale, ma il dubbio, l’incertezza, la depressione? «Guarda i segni della presenza di Dio, scruta la storia e la vita con la pazienza dell’agricoltore e sappi cogliere i segni della salvezza!» è la risposta. Gesù non rimanda al Tempio, ai sacerdoti, ai proclami morali e moralistici, ai solidi “punti fermi” della Dottrina e della Tradizione, ma invita a guardare ai “fatti”, ai “fatti di Vangelo”, non alle strategie missionarie e al prestigio delle istituzioni religiose, perché il Vangelo accetta e vuole essere messo alla prova dei fatti! Non in sacrestia dobbiamo cercare i segni, non nel personale addetto al culto: “Andate a cercare i segni tra i ciechi, i sordi, gli zoppi, i muti; documentatevi presso gli stranieri, i Rom e i magrebini, presso i poveri, presso chi ama la giustizia e pratica la solidarietà autentica, perché è lì che troverete. Lì dove qualcuno opera per liberare l’uomo, che sente suo fratello, dai mali inveterati, dove versa “olio e vino” sulle ferite fisiche o interiori di un essere umano, dove qualcuno si accosta a sollevare un altro da situazioni di abbattimento, di sconforto, di sofferenza acuta (magari provocata da scelte indubbiamente sbagliate), dove qualcuno fa rifiorire nell’esistenza e sperimentare nonostante tutto la gioia di essere amato. Leggete questi segni dove scorgete segni di gratuità (siano essi di credenti, di mal credenti o di non credenti), dove vedete gente che si consuma nel dono di sé e nella speranza di un futuro per l’uomo, squarci di fraternità in un mondo di solitudini e di egoismi. Non cercate i segni della presenza del Regno nei convegni, nei documenti, nelle parole anche solenni ed altisonanti, ma nella Parola che ti aiuta a discernere gli scarni segni del Regno in tanti che non perdono tempo a proclamarsi cristiani, ma vivono da cristiani, magari convinti di non esserlo! Non cerchiamo conferme e speranza nei gesti eclatanti: ci sono dei "miracoli" che si rifanno alla carità, all'amore, al servizio dei fratelli che tutti possono compiere ogni giorno, ogni attimo della nostra vita. Questi segni parlano da soli e diventano segni di credibilità, di speranza, di gioia, di autenticità. La Parola ci farà pure comprendere che non è nella logica del successo che troviamo conferme, ma nel segno più grande dell’amore di Dio e del suo Regno che viene: la croce di Cristo che ha l’apparenza di un radicale fallimento!

Nessun commento: