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"La coscienza del cristiano è impegnata a proiettare nella sfera civile i valori del Vangelo" ____________________________________________________________________________________________________________________

lunedì 29 novembre 2010

Il testamento di Padre Christian De Chergé

Testamento di Padre Christian De Chergè, priore dell’Abbazia di Tibhirine, ucciso con 6 monaci trappisti da fondamentalisti islamici in Algeria, probabilmente il 21 maggio 1996. Alla vicenda di padre Christian De Chergè e dei suoi confratelli è stato dedicato il film Les hommes et les Dieux, malamente tradotto in Italia con Uomini di Dio.

Se mi capitasse un giorno - e potrebbe essere oggi - di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia, si ricordassero che la mia vita era “donata” a Dio e a questo paese.
Che essi accettassero che l’unico Signore di ogni vita non potrebbe essere estraneo a questa dipartita brutale.
Che pregassero per me: come essere trovato degno di una tale offerta?
Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato.
La mia vita non ha valore più di un’altra. Non ne ha neanche meno. In ogni caso non ha l’innocenza dell’infanzia.
Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimè, prevalere nel mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca. Venuto il momento, vorrei poter avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nello stesso tempo di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito.
Non potrei augurarmi una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo. Non vedo, infatti, come potrei rallegrarmi del fatto che questo popolo che io amo venisse indistintamente accusato del mio assassinio.
Sarebbe pagare a un prezzo troppo alto ciò che verrebbe chiamata, forse, la “grazia del martirio”, doverla a un Algerino, chiunque sia, soprattutto se egli dice di agire in fedeltà a ciò che crede essere l’Islam.
So di quale disprezzo hanno potuto essere circondati gli Algerini, globalmente presi, e conosco anche quali caricature dell’Islam incoraggia un certo islamismo. E’ troppo facile mettersi la coscienza a posto identificando questa via religiosa con gli integrismi dei suoi estremismi.
L’Algeria e l’Islam, per me, sono un’altra cosa, sono un corpo e un anima.
L’ho proclamato abbastanza, mi sembra, in base a quanto ho visto e appreso per esperienza, ritrovando così spesso quel filo conduttore del Vangelo appreso sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima Chiesa proprio in Algeria, e, già allora, nel rispetto dei credenti musulmani.
La mia morte, evidentemente, sembrerà dare ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo, o da idealista: “Dica, adesso, quello che ne pensa!”.
Ma queste persone debbono sapere che sarà finalmente liberata la mia curiosità più lancinante. Ecco, potrò, se a Dio piace, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i Suoi figli dell’Islam così come li vede Lui, tutti illuminati dalla gloria del Cristo, frutto della Sua Passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre di stabilire la comunione,giocando con le differenze.
Di questa vita perduta, totalmente mia e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per questa gioia, attraverso e nonostante tutto.
In questo “grazie” in cui tutto è detto, ormai della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi, amici di qui, insieme a mio padre e a mia madre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e a loro, centuplo regalato come promesso!
E anche te, amico dell’ultimo minuto che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo “grazie”, e questo “a-Dio” nel cui volto ti contemplo.
E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in Paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due.
Amen! Inch’Allah.
Algeri, 1 dicembre 1993
Tibhrine, 1° gennaio 1994

Sfascio Italia

da Adista - Segni nuovi - 27 novembre 2010

Se ci fosse bisogno di un’immagine simbolo della miserevole condizione dell’Italia di questi tempi, la natura stessa si è incaricata di fornircela: il crollo della Casa dei Gladiatori a Pompei, le alluvioni in Veneto e in Campania, i cumuli di monnezza a Napoli, le manifestazioni anti-discariche, gli immigrati “appesi” ad una gru a Brescia o a una ciminiera a Milano... Oppure le foto delle varie D’Addario, Noemi, Ruby...
L’Italia sta vivendo uno dei suoi momenti più bui. Il peggio è che non se ne vede la
fine, nonostante il precipitare degli eventi degli ultimi giorni con le prese di posizione di Fini, le contestazioni sempre più diffuse al premier, la perdita della prosopopea e arroganza dei ministri berlusconiani, le sempre più frequenti manganellate delle polizia a contestatori e manifestanti di diverso colore politico o senza alcun colore! Si fatica a immaginare un futuro migliore in tempi ragionevoli.
Già questa commistione tra azione di governo o, meglio, “inazione” di governo, e vita privata di Berlusconi è un’anomalia. Un governo dovrebbe essere giudicato per ciò che fa, non per la vita privata del premier. Ma da troppo tempo Berlusconi ha passato il segno. Si dice che molto di buono il governo ha fatto e fa, e questo “buon fare” avrebbe due nomi: Maroni e Tremonti. Che ha fatto Tremonti? Ha usato la “crisi” come strumento per aumentare gli squilibri sociali, per dare ai ricchi e togliere ai poveri, ha messo le mani sui fondi provenienti dal 5 per mille che gli italiani hanno destinato al cosiddetto Terzo settore, ma nel frattempo ha trovato i soldi per le scuole private, in gran parte cattoliche. Nulla da eccepire sul diritto della Chiesa di avere una sua proposta educativa attraverso scuole private ma, in una visione evangelica, testimonianza vera sarebbe in questo dissestato momento, dissestato economicamente e moralmente, un “No, grazie! Aspettiamo tempi migliori e decisioni non strumentali!”. E Maroni? Resta il principale artefice della “fortezza Italia”, il gestore del pacchetto sicurezza costruito sulle paure della gente, sapientemente create ad arte, il teorico di una sostanziale “nuova schiavitù”, colui che rende criminali i poveri e disperati.
Ma poi, è proprio vero che la vita privata di Berlusconi non c’entra con l’azione di governo? Quando un capo di governo difende e rivendica il suo stile di vita immorale e amorale secondo ogni giudizio etico, non solo di un’etica “religiosa”, e lo sbandiera come un “bel vivere” e come esempio di vita riuscita e realizzata, questo è un atto politico! E se il bel vivere si misura dalla volgarità del linguaggio e dei giudizi (barzellette sulle donne condite magari di bestemmie, contestualizzate, per carità, come chiede un illustre prelao della nostra Chiesa); dalle frequentazioni di escort (in chiaro: prostitute!), di minorenni, di personaggi almeno discussi e discutibili, dall’ostentazione offensiva della ricchezza, (sulla cui origine tanti dubbi, anche giudiziari, permangono); dal potere gestito con superficialità e spregiudicatezza, alla maniera dei sultani ottomani o dei “padroni delle ferriere”, tutto questo non è politica? Chi è immorale e amorale nella vita privata inesorabilmente è immorale e amorale anche nella vita pubblica. E la sua immoralità e amoralità diventano costume, diventano l’ethos di un popolo intero abbagliato e manipolato con un uso sapiente e spregiudicato dei mezzi di comunicazione, operazione che il Nostro ha ben condotto a partire dagli anni ‘80.
Di certo, sarà più facile ricostruire la Casa dei Gladiatori che ridare un’anima all’Italia.
Walter Fiocchi

domenica 28 novembre 2010

PELLEGRINAGGIO DI PACE E GIUSTIZIA IN TERRASANTA dal 28 febbraio al 7 marzo 2011

Noi siamo quelli dell’Europa. È vecchia, ma spesso si dimentica che è ancora piccina rispetto a «mamma Gerusalemme». Chi ha già fatto l’esperienza di uno dei nostri pellegrinaggi nella Terra del Santo sa che non ci accontentiamo di incontrarci con la fonte della fede attraverso ciò che sta sotto la terra: gli scavi, l’archeologia, la memoria. Nemmeno di ciò che sta sopra: i santuari, i luoghi santi, le celebrazioni. Ci interessiamo di chi vive nella terra: le pietre vive! Ci stiamo rendendo conto che in oriente, il passato che ci accomuna e il presente con la sua complessità, sono così importanti che disgiungerli significherebbe perdere qualcosa di fondamentale, proprio di ciò che andiamo cercando, ogni volta che andiamo a questa fonte. Spesso i pellegrini tornano mancanti, fruitori di una esperienza di turismo religioso, sinceri nel loro atto di fede, sicuramente toccati in qualche modo dallo Spirito ma con il rischio che «non sono stati dei veri pellegrini», non hanno incontrato la fonte, oppure ne hanno bevuto ben poco rispetto a quello che avrebbero potuto (la fonte è anche il testo, la Bibbia, e il rischio è di incontrare la terra della Bibbia anche senza aprirla nemmeno!). Abbiamo avviato uno stile di peregrinare, con una continuità dopo il viaggio. Abbiamo dei contatti con le pietre vive, per essere ponti, per avviare, promuovere e poi custodire forme di condivisione. Vogliamo far crescere i contatti con le risorse locali e positive di ciascuna delle religioni rivelate, per imparare a sentirci ospitati da tutti, per sentire voci differenti, perché la Terra del Santo non è la nostra terra, non la possiamo frequentare da «europei», esportare uno stile incompatibile con quella terra: essa è abitata non solo da minoranze e da una maggioranza, essa è del Santo sia per chi ci abita, sia per chi ci passa. La terra è ricca di colori e suggestioni, di memorie e di tradizioni, la terra è luogo di complessità e conflitto, ma anche ricca di possibilità, di testimoni, di fede, di tanta fede vissuta in modalità che non riusciamo mai a conoscere fino in fondo, eppure ne rimaniamo evangelizzati. Questo modo di viaggiare fa bene ai nostri pellegrini, e fa bene a chi abita la Terra del Santo, a chi ci accoglie con tanta gioia e si racconta. Da una parte questi ultimi non si sentono abbandonati, dall’altra i pellegrini si aprono al mondo dei fratelli nella fede di Gesù, o di Abramo, per accorgerci di un mondo altrimenti sconosciuto, per non tornare uguali a come si è partiti. Il pellegrinaggio è occasione ecumenica, occasione per conoscere quella situazione in una giusta prospettiva, per dare sostegno, incontrare le pietre vive, per uscire dai parametri di un certo turismo religioso, anche nelle scelte più concrete che spesso si fanno. Ci sono pellegrinaggi frutto di «pacchetti già pronti», un «mordi e fuggi» a volte dal prezzo insidioso, allettante, ma che sono mossi solo da interessi economici che non sfiorano nemmeno le tematiche di attualità. È «pellegrinaggio» un viaggio organizzato così? È il viaggio per incontrare le pietre vive o il viaggio per forgiare i mattoni della torre di Babele? C’è il rischio di andare in Medio Oriente, organizzati, poco essenziali, spesso disinteressati alla situazione locale, e molto interessati alle pietre morte, a trattare la terra come un museo. In questo caso siamo rischiamo di essere figli della torre di Babele; rischiamo di essere come quei mattoni, tutti uguali; se questi sono i mattoni che abbiamo a disposizioni per costruire la storia, allora non possiamo che parlare di una storia fallimentare. Possiamo, invece, ascoltare un invito dal Medio Oriente, sentirlo vivo, dove le comunità locali sono pronte ad accoglierci con il loro stile, con le loro risorse, con il loro entusiasmo, con la storia, l’archeologia, la memoria, la parola fatta carne proprio presso la terra, ma ancora pulsante proprio nei volti, nella gente: non solo eco di una’esperienza legata alla memoria del passato, ma eco di incontri con la realtà presente, religiosa, sociale e politica.
don Walter
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PROGRAMMA

1° GIORNO – 28 febbraio – lunedì
Alessandria / Milano / Tel Aviv / Betlemme
Partenza in pullman riservato per l’aeroporto di Milano Malpensa. Volo ElAl per Tel Aviv. Arrivo a Tel Aviv. Partenza per Betlemme, sistemazione in hotel, cena e pernottamento.

2° GIORNO – 1 marzo – martedì
Betlemme / Hebron / Betlemme
Visita della Basilica della Natività. S. Messa. Pranzo. Nel primo pomeriggio trasferimento a Hebron e visita alle Tombe dei Patriarchi. Rientro a Betlemme. Cena e pernottamento.

3° GIORNO – 2 marzo – mercoledì
Gerusalemme / Monte Sion / Betlemme
A Gerusalemme Visita della Spianata delle Moschee e Muro Occidentale (“Muro del Pianto”), poi visita al “Monte Sion Cristiano”: Cenacolo, Dormizione e S. Pietro in Gallicantu. Pranzo.
Nel pomeriggio Chiesa di S. Anna, Flagellazione, Via Dolorosa. Santo Sepolcro. Messa al Santo Sepolcro. Cena e pernottamento a Betlemme.

4° GIORNO – 3 marzo – giovedì
Betlemme/ Ramallah / Gerico / Betlemme
Partenza per Ramallah. Visita al Centro di Ricamo. Pranzo. Nel pomeriggio alla parrocchia di Taibeh, unico villaggio interamente cristiano, dove incontreremo don Raed Abusahlia, il parroco della comunità. Messa a Taibeh. Rientro a Betlemme per cena e pernottamento.

5° GIORNO – 4 marzo – venerdì
Betlemme / Sebastia / Nablus / Betlemme
Partenza per Sebastia: è la città fondata da Erode il Grande, sul luogo dell’antica Samaria, in onore dell’imperatore Augusto. Sull’acropoli di Sebastia oggi sono ancora visibili i resti della città romana, parzialmente scavata nel secolo scorso, tra cui il foro e la basilica, il teatro, il tempio ad Augusto, la strada colonnata e parte delle mura. Nel periodo bizantino, sopra un luogo di sepoltura romano fuori dalle mura, sotto l’attuale moschea, fu costruita una chiesa, a ricordo della sepoltura di Giovanni Battista che le fonti cristiane della Terra Santa ricordano in questo luogo sin dal IV secolo. L’edificio attuale fu ricostruito dai Crociati quando giunsero in Terra Santa nella seconda metà del XII secolo ed era secondo in grandezza solo alla Chiesa del S. Sepolcro. Pranzo.
Visita di Nablus: conosciuta anche come Sichem è una delle più grandi città della Palestina. È situata a circa sessanta chilometri a nord di Gerusalemme tra le montagne di Ebal e Garizim molto vicino alla biblica Sichem. La popolazione è in grande maggioranza araba. La città fu fondata dai romani nel 72 e venne chiamata Flavia Neapolis (nuova città dell'imperatore Flavio). Dopo la conquista araba avvenuta nel 636, venne chiamata Nablus. I crociati la chiameranno Napoli e diventerà una delle principali città del Regno di Gerusalemme. Nel 1202 verrà distrutta dai crociati stessi. In seguito riedificata da parte degli Arabi. Rientro a Betlemme, cena e pernottamento.

6° GIORNO - 5 marzo – sabato
Betlemme / Gerusalemme / Yad Vashem / Betlemme
Mattinata dedicata alla visita di Gerusalemme. Monte degli Ulivi, Dominus flevit con Messa, Getsemani e Tomba della Vergine. Pranzo.
Visita allo Yad Vashem (Museo della Shoah) e al Museo del Libro. Rientro a Betlemme. Cena e pernottamento.

7° GIORNO – 6 marzo – domenica
Betlemme / Gerico / Betlemme
Trasferimento a Gerico. Visita al luogo del Battesimo di Gesù. Tour in Città. Visita al Mosaic Centre. Messa nella parrocchia cristiana del “Buon Pastore”. Saluto al Sindaco della Città gemellata con Alessandria. Pranzo. Nel pomeriggio visita di Qumran e sosta al Mar Morto. Cena e pernottamento a Betlemme.

8° GIORNO - 7 marzo – lunedì
Gerusalemme / Tel Aviv / Milano / Alessandria
Al mattino tempo libero. Pranzo. Partenza per Lod e visita della Chiesa che custodisce la tomba di San Giorgio. Trasferimento all’aeroporto di Tel Aviv. Imbarco con volo ElAl. Arrivo a Milano Malpensa. Rientro ad Alessandria.

QUOTA DI PARTECIPAZIONE
In camera doppia € 1.290,00
Supplemento camera singola € 270,00

ISCRIZIONI: telefonare al più presto a don Walter (335 5818204) per la preiscrizione.
Per la conferma (entro il 20 di dicembre) è richiesta una caparra di € 400
(Fino al 31 gennaio i posti cancellati saranno soggetti a penale di Euro 150; dal 1° al 10 febbraio, i posti cancellati saranno soggetti a penalità di Euro 400,00; dal 20 febbraio al giorno della partenza, penalità totale per ogni cancellazione).

LA QUOTA DI PARTECIPAZIONE COMPRENDE:
- Trasferimento in pullman per/da l’aeroporto di Milano Malpensa; passaggi aerei con voli ElAl; tasse aeroportuali e di dogana in Israele e percentuali di servizio; kg. 20 bagaglio in franchigia; assistenza aeroportuale in Italia e all’estero; sistemazione in albergo di buona categoria in camere doppie con servizi; trattamento di pensione completa, dalla cena del primo giorno al pranzo dell'ultimo; escursioni, tours, entrate, come da programma; mance, facchinaggi ed extra in genere; Bus Gt con autista; Guida autorizzata parlante italiano per tutta la durata del tour; Assicurazione medico - bagaglio Mondial Assistance; omaggio ad ogni partecipante.

LA QUOTA DI PARTECIPAZIONE NON COMPRENDE:
- Assicurazione integrativa facoltativa annullamento MONDIAL ASSISTANCE: 3,50% del costo del pacchetto (contratto 2008); tutto quanto non espressamente menzionato nel programma.

Documenti
Per i cittadini italiani e' richiesto il passaporto regolarmente bollato ed in corso di validità di almeno 6 mesi dalla data di inizio del viaggio.

Modifiche al programma potranno essere necessarie per condizioni ed esigenze che si presentino in Terrasanta e comunicate successivamente o in loco. I luoghi delle celebrazioni sono solo indicativi.


Organizzazione tecnica: "Eteria" s.r.l. - Fidenza
Condizioni generali come da catalogo Eteria 2010

sabato 6 novembre 2010

La difficile identità

Da ttp://www.cittafutura.al.it/web2009/_pages/sommario.php?URL=cittafutura.al.it&LNG=IT&L=2&C=11&T=news&D=IT%7BC9D016CA-A0E1-E0C7-826C-AB55861F66A5%7D&A=0

Le opinioni concordi ritengono che Berlusconi sia al capolinea e ritengono che la maggioranza di centro/destra sia ormai alla dissoluzione finale. Il giudizio è sul serio quello delle “campane a morto”; per altro a fronte di un’assenza totale di scelte razionali dell’esecutivo, che tira a campare nell’emergenza, di fronte all’evidente protrarsi di problemi di cui si era decantata la rapida soluzione (i rifiuti nel centro di Napoli e non solo!), di fronte ad una condotta censurabile del premier, che dalla sfera del privato invade la stessa correttezza istituzionale, di fronte alle evidenti indebite ingerenze dell’esecutivo in tutti gli ambiti della vita della nazione non si fa fatica a prevedere una svolta, nonostante i toni da resistenza del cavaliere e dei suoi cristallizzati fedelissimi cortigiani.
Tuttavia accanto alle campane a morto rivolte non solo all’esecutivo, ma molto spesso alla stessa esperienza di un centro/destra, tanto populista quanto privo di cultura delle regole e di fisiologica fondazione democratica, si rileva la stupore di larga parte degli opinionisti sulla inefficienza e sulla latitanza dei protagonisti di una possibile (?) alternativa, vuoi dell’opposizione (Bersani in particolare), vuoi dell’area che si sta opponendo, ormai da mesi, all’interno del centro/destra alla deriva delle regole democratiche (Fini per l’appunto).
Sinceramente (si tratta ovviamente di un’opinione) penso ormai inutili le analisi critiche e credo invece urgente un’indicazione di eventuali alternative in positivo. Queste risentono di una macroscopica carenza; ed il motivo, sicuramente complesso, deriva in ogni caso dalla mancata o abortita costituzione di un partito di centro/sinistra. Le stesse valutazioni che si sono confrontate in questa sede rilevano una difficoltà che sembra insormontabile: trovare obiettivi comuni e programmi condivisi dagli eredi di tradizioni diverse.
Dico subito che, quando parlo di convergenza tra tradizioni diverse, non intendo affatto riproporre improbabili soggetti centristi o post/democristiani che qualcuno sembra temere: potrebbero forse servire a chiudere l’infausta esperienza berlusconiana, ma poi? come si procederebbe nel governo del Paese?
Sono certo di ripetermi, ma il problema, fino a soluzione (se sarà praticabile) rimane aperto. Io continuo a ritenere che l’esperienza del cattolicesimo/democratico e quello della sinistra italiana possano e debbano intendersi su due pilastri fondamentali: in alternativa non vedo che una deriva antidemocratica, peraltro già in atto.
I due pilastri attengono la laicità e l’autonomia della politica e l’incontro tra gli obiettivi della solidarietà e quelli del merito.
La laicità. C’è una forte componente di pensiero popolare cattolico che ha sempre sostenuto l’autonomia della politica dalla religione e la non compromissione del livello religioso con quello della dialettica tra le parti. Grazie a questa componente la legittimazione delle parti politiche (i partiti) non è mai stata posta in discussione ed i tentativi di formazione di uno Stato cattolico e dunque non pluralistico sono stati bloccati. Eppure i tentativi messi in opera da settori importanti della Chiesa nel secondo dopo/guerra erano stati di notevole rilievo. Resta indubbio merito della D.C. aver salvato lo spirito laico della Costituzione sul punto specifico e di aver convogliato lo stesso consenso elettorale in senso democratico, quando avrebbe potuto orientarsi, a fronte di una presenza prestigiosa (per una serie di motivi in quegli anni era fuori discussione: ed è riconosciuto da una storiografia autorevolissima) della Chiesa su versanti filo/autoritari.
Ricuperare questa tradizione dopo averla riconosciuta, anziché limitarsi a valutare la funzione anti/comunista del partito di cattolici, significa concorrere alla fondazione di una laicità indispensabile alla vita delle istituzioni democratiche e significa cogliere la componente filo/costituzionalista della D.C. anche dopo la Costituente, nonostante la caduta di stile in alcuni passaggi della storia repubblicana. Certo si tratta forse di una componente minoritaria nella presenza dei cattolici nella vita politica: minoritaria, ma culturalmente più cospicua e, per diversi aspetti vincente.
Solidarietà e merito. Anche qui so di ripetermi, ma siamo in presenza della questione più urgente. Troppi ritengono ancora che la solidarietà significhi egualitarismo: su questi presupposti non si arriva ad alcuna convergenza e ad alcuna identità di un partito riformista di sinistra.
Inviterei i difensori dello spirito e della lettera della Carta costituzionale a rivedere l’importanza ed i compiti che dalle nostre istituzioni viene data alla promozione del merito come essenziale ai rapporti di solidarietà; li inviterei a tener conto delle possibilità date a tutti se i capaci e meritevoli sono messi a servizio della nazione.
Di qui nascono obiettivi essenziali e programmi coerenti per una presenza riformista ed innovativa. In caso contrario resta inutile la critica, in sé giusta, ad un governo che bistratta il sistema formativo, che permette organici di cattedre per trentacinque allievi, che sopprime di fatto le borse di studio (l’ineffabile Maria Stella, ossequiente e fedele al ministro del Tesoro!), che taglia la già esigua risorsa della ricerca (e qui sì che ci sono anche responsabilità di tanti governi democristiani) che manda a spasso i giovani in tutti i rami della cultura (ed ovviamente non solo!).
Non c’è alternativa: o si promuove la ricerca ed una formazione attenta ai risulti della ricerca o non si diventa competitivi, a fronte di una globalizzazione che apre ai mercati internazionali solo se migliori degli altri; qualcuno propone di alzare le barriere!
Il Partito democratico, sullo specifico, è in grado di una proposta capace di programmi di governo? Per ora non abbiamo visto nulla: l’unica preoccupazione, al livello nazionale, ma anche a quello locale attiene gli assetti di potere, uniti a confluenze trasformistiche scandalose.
Agostino Pietrasanta