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"La coscienza del cristiano è impegnata a proiettare nella sfera civile i valori del Vangelo" ____________________________________________________________________________________________________________________

mercoledì 28 novembre 2007

I domenica di Avvento

Nelle scorse settimane l'agenzia di stampa Adista mi ha chiesto il servizio di un breve commento alla liturgia delle domeniche di Avvento e del giorno di Natale. Un amico mi ha suggerito di inserire tali commenti anche nel blog. In attesa di maggior tempo per postare altri commenti ed altre riflessioni mi sembra una buona idea inserire ora queste semplici meditazioni, permangono comunque nelle linee di riflessione e pensiero espresse da altre modalità di intervento. dwf

Al centro del Vangelo di oggi c'è l'arrivo del Signore. Matteo usa il termine "parusìa", tradotto con "venuta") che significa semplicemente "presenza". Gesù verrà, si renderà presente in modo chiaro tra di noi. E opererà un giudizio, un discernimento in profondità, per il quale due persone che si trovano nella stessa situazione esteriore avranno una sorte diversa ("due saranno... uno sarà preso e l'altro lasciato"). Non è una resa dei conti, "guardiamo un po' la lista dei peccati...": lasceremmo, come spesso ci accade, agire in noi l'immagine di un Dio ostile! No, viene per incontrarsi con noi, ma noi possiamo dolorosamente mancare l'occasione dell'incontro. È pronto chi ha creato le condizioni per un incontro positivo, in cui ci si intende: e allora sarà festa.
L’annuale riproposizione del Natale di Gesù a cui immediatamente ci prepara l’Avvento non deve farci dimenticare che questa scansione annuale è solo segno di una realtà più profonda: Dio cammina nella storia con il passo dell’uomo, tanto che ha affidato il compiuto di evangelizzare alla Chiesa! Ogni anno la memoria del Natale di Gesù ci ricorda la necessità di incarnare la fede in Dio nella vita quotidiana dell’uomo che Dio ama; Natale ci svela il Dio dei poveri, il Dio dei pastori, emarginati del tempo, il Dio che non nasce nel Tempio di Gerusalemme ma nella stalla di Betlemme, un Dio che viene però sempre sostituito dal Dio inutile del nostro ipocrita buonismo, dai buoni sentimenti di un giorno, dalla poesia delle frasi fatte natalizie. Natale è il giorno di chi è solo, abbandonato, emarginato, ferito dalla vita, giudicato ed escluso dai benpensanti; mentre la vita dei popoli è abbattuta da non poche tragedie, particolarmente nel Sud povero del mondo, noi ricchi possidenti e non pastori emarginati continuiamo la vita come se nulla stesse accadendo e facciamo della poesia sul dramma dell’incarnazione!
Questa prima domenica ci ricorda che prima di essere noi a muoverci verso Cristo Signore, è lui che ci viene incontro, è lui che dà inizio ad un pellegrinaggio verso di noi. Guai se non ce ne accorgiamo e "come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito … e non si accorsero di nulla ". Ho fame, mangio. Ho sete, bevo. Ho voglia di essere amato, me lo cerco. Pensare al futuro costa troppa fatica! Meglio fasciare il pensiero perché non si accorga delle premesse del suo futuro. Tutti traffichiamo, senza sapere il perché. Il rischio è di passare la vita lasciandoci vivere addosso i mesi e gli anni, senza essere mai protagonisti della nostra storia, senza neppure chiederci se è possibile altro rispetto a ciò che vivo.
Natale, è reale e attuale se vi sono credenti che accolgono la proposta di Gesù e dedicano se stessi al bene degli altri: nella loro attività, nella loro famiglia, nei contesti civili e politici, nelle iniziative volontarie che possono essere prese insieme ad altri cristiani o in collaborazione con persone di buona volontà. Perché l'iniziativa messianica di Dio è la proposta, in Gesù Cristo, di un tipo umano: la persona che, divenuta matura, si pone a disposizione degli altri per favorire il bene comune. Con tutto ciò che comporta: di fronte a un mondo che muta più rapidamente di quanto è mai avvenuto in passato, in molti uomini religiosi è frequente il lamento o l'invettiva e la tentazione dei buoni sentimenti: quasi che la loro perdita di contatto con il mondo sia colpa del mondo. Scrive Bonhoeffer: «Io ritengo gli attacchi dell’apologetica cristiana al mondo diventato adulto, primo: assurdi; secondo: scadenti; terzo: non cristiani. Assurdi: perché mi sembrano il tentativo di ricondurre alla pubertà un individuo ormai uomo, cioè di riportarlo a dipendere da cose dalle quali egli si è reso di fatto indipendente, di ricacciarlo verso problemi che, di fatto, per lui non sono più tali. Scadenti: perché si tenta lo sfruttamento delle debolezze di un uomo a un fine che gli è estraneo e che non ha sottoscritto liberamente. Non cristiani: perché Cristo viene scambiato per un determinato grado della religiosità umana, quanto dire con una legge umana» (8 giugno 1944).

venerdì 23 novembre 2007

Il coraggio della povertà

Il 29 settembre la Presidenza nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, anche in celebrazione e ricordo dei centoquarant’anni della sua fondazione, ha pubblicato un manifesto al Paese, un manifesto che si presenta come riproposta per un impegno straordinario nella Chiesa italiana ed a servizio della città dell’uomo. Dico riproposta perché un’associazione che da un secolo e mezzo vive una presenza per l’annuncio del Vangelo, deve per forza rendersi conto dei cambiamenti, deve prendere atto delle complessità in cui opera, deve individuare, con discernimento, le strade più efficaci per l’annuncio e deve avere il coraggio di lasciar cadere forme obsolete, un tempo valide, ma che oggi avrebbero solo il sapore della nostalgia cui fa fronte il coraggio della missione e della evangelizzazione.
La conseguenza è la fatica della formazione: c’è un riferimento etico e di valore, sicuramente non negoziabile che ci aiuta, ma c’è una traduzione storica dei valori che non può non porsi sul versante del massimo possibile, perseguito con sacrificio e gratuità.
Per questo la “scelta religiosa” mantiene tutta la sua forza e la sua efficacia. Va ripetuto con convinzione: si tratta di una scelta che non si sottrae al mondo, ma si pone al suo interno. Per mantenere intatta la sua forza però dev’essere appunto gratuita, deve proporsi con povertà, deve vivere l’esperienza della condivisione e della fraternità disinteressata.
L’Azione Cattolica vive in questa dimensione. Sa che il mondo è il luogo della salvezza, proclama che la storia è segnata dalla indicazione della salvezza, prende atto delle difficoltà, ma ricerca ciò che unisce sui valori condivisi, piuttosto che ciò che divide. In fondo, per vivere il Vangelo nella storia, ci sono due vie: quello della conquista e quella del cammino di condivisione per promuovere i segni positivi del mondo, segni ineliminabili per chiunque creda nell’azione della Provvidenza.
Di qui il primato dell’evangelizzazione, ma nello stesso tempo il rispetto del ruolo autonomo della politica, senza fare di essa il braccio secolare dell’etica. Inevitabile, di conseguenza (ad alcuni poco gradita) la distinzione, ma non la separazione, fra i principi etici e la loro traduzione storica. A volte, per non dire ordinariamente, questa traduzione ha bisogno di gradualità, di mediazioni culturali e politiche, di formazione lenta del consenso; l’intervento di imperio, anche istituzionale, senza questi percorsi di mediazione rischia di fare peggio, rischia il fallimento.
Un’altra questione richiama attenzione adeguata. L’Azione Cattolica rivendica costantemente la sua natura laicale: lo fa con determinazione, ma anche con specifica fedeltà ai suoi pastori. La fedeltà è, in ogni caso, un atteggiamento adulto e maturo, ha riferimenti di pensiero, di elaborazione del magistero e di pratica pastorale; la fedeltà è consapevole e orgogliosa di un ruolo che si è imposto con fatica e con impegno. Per questo si guarda ancora sul versante della responsabilità dei laici all’insegnamento conciliare; si prende atto che le questioni secolari (si veda la “Lumen gentium” al n. 31)sono di competenza dei laici, perché il carattere della loro missione riguarda l’ordine del tempo in autonomia di intervento, fatte salve le indicazioni di principio sui valori. Si prende atto che sempre il Concilio (si veda “Gaudium et Spes” al n. 43) insegna che i laici devono assumere le loro responsabilità alla luce della sapienza cristiana, senza aspettarsi dai Sacerdoti la risposta risolutiva ai problemi del mondo.
Come stiamo in fatto di responsabilità? Quale la maturazione ,quale la formazione dei laici? Quale la sensibilità e la fiducia concessa dai pastori?
L’Azione cattolica è pronta al suo contributo, anche per lo spirito di servizio conquistato non senza fatica; questo corrisponde pienamente ad un’altra straordinaria indicazione del Concilio: la Chiesa “…non pone le sue speranze nei privilegi offerti dall’autorità civile. Anzi essa rinuncia all’esercizio di certi diritti anche legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso potesse far dubitare della sincerità della sua testimonianza…” (Gaudium et Spes”, n. 76).
Agostino Pietrasanta