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"La coscienza del cristiano è impegnata a proiettare nella sfera civile i valori del Vangelo" ____________________________________________________________________________________________________________________

lunedì 10 settembre 2007

È guerra tra Occidente ed Islam?

Nella ricorrenza dell'11 settembre, che non voglio lasciar passare nel silenzio, non trovo parole o temi nuovi da affrontare. Poichè mi pare che mantenga intatta, salvo alcune sfumature, la sua attualità, ripropongo ai frequentatori di questo blog una riflessione pubblicata su Voce il 21 maggio 2004.



Stiamo vivendo tempi di orribili contrapposizioni; contrapposizione tra Occidente e Islam, tra civiltà; si contrappone orrore a orrore, violenza a violenza, uccisioni selvagge a torture, se-questri a bombardamenti; qualcuno vuole fare addirittura una infame graduatoria: qual è il peggio? Questo o quello? Chi è più barbaro o chi è più civile? Credo che una chiara risposta sia stata offerta la scorsa settimana dall’editoriale del Vescovo, assai moderato nel linguaggio e nei toni, ma “esplosivo” nei contenuti e nei giudizi conseguenti. Non riprendo perciò il tema delle torture e dei barbari omicidi, né voglio commentare le ultime vicende di Nassiriya.
Ma confesso che sono stanco di sentire sbandierare questa contrapposizione tra l’Occidente e i suoi grandi e inarrivabili valori e l’Islam medievale, barbarico, antidemocratico, ecc. Confesso che quando sento o leggo a proposito di questa guerra tra Occidente e Islam sento un po’ di disagio; anche perché se muovo qualche obiezione vengo accusato di schierarmi a-prioristicamente e acriticamente dalla parte dell’Islam, quasi fossi un traditore – poiché siamo in tempo di guerra – che rinnega la sua appartenenza ad una etnia e ad una civiltà. E poi mi accorgo che spesso il contenuto della predicazione domenicale, partendo dalla parola e-vangelica è necessariamente spesso fortemente critico proprio nei confronti dell’Occidente e dei suoi presunti valori. Vorrei allora cercare di chiarire la questione prima di tutto a me stesso e poi, se riesco, a qualche paziente lettore.
«Lo scontro - scrive Paolo Naso direttore della rivista interreligiosa Confronti - non è tra Occidente e islam: è all’interno dell’Occidente e dell’islam». Concordo e credo di averlo e-spresso più volte: non è uno scontro tra civiltà e nemmeno tra occidente e Islam. I paesi che hanno voluto e fatto la guerra (o approvata e giustificata, nonostante fosse contro ogni regola del diritto internazionale), non sono tutto l’occidente. E Bin Laden non rappresenta il mondo musulmano quanto non lo rappresentava Saddam Hussein. Soprattutto non è e non bisogna farlo diventare uno scontro tra religioni e tra culture. Certo, siamo tutti d’accordo che bisogna lottare contro il terrorismo, ma con intelligenza, non con la distruzione. Il terrorismo è una questione di ordine pubblico, non di guerra. Nelle costituzioni dei paesi civili, Italia inclusa, non c’è posto per l’odio. Se qualcuno predica l’odio in piazza o in parlamento o attraverso i media, va perseguito. Non dimentichiamo che gli stessi musulmani sono le prime vittime del terrorismo islamico: gli afgani per primi hanno sofferto il regime dei talebani, gli algerini sono le prime vittime del fanatismo terrorista nel loro paese, molti attentati terroristici, tra i più sanguinosi sono avvenuti proprio nei Paesi arabi o islamici. Purtroppo credo che la stessa confusione linguistica sia radice e causa di ulteriori mali. Come le ricorrenti polemiche sul “fondamentalismo” che ci viene presentato come connaturale all’Islam, come se non esistesse un Islam alieno dal “radicalismo religioso”. Dovremmo piuttosto parlare di “islamismo”, come parlavamo di “fascismo” e di “comunismo”, dove il suffisso “ismo” indicava proprio la deriva ideologica di un pensiero filosofico (o religioso), perché credo proprio che sia questo il punto vero della questione e che sia questa deriva ideologica che dobbiamo combattere, certamente non con gli eserciti belligeranti o occupanti. E il primo modo per combattere questa deriva è culturale: prima di tutto migliorando e facendo avanzare le conoscenze comuni a proposito dell’Islam e del cosiddetto Occidente. E al tempo stesso migliorando la nostra conoscenza e consapevolezza di quale Occidente si parla. Perché io non mi sento in alcun modo di condividere un pensiero che viene sbandierato dall’attuale “governance” del mondo occidentale e cioè la pretesa che “il motore essenziale della storia umana e dell’evoluzione del mondo è la ricerca del progresso e della modernizzazione che s’incarna nella democrazia liberale e nell’economia di mercato”, affermazione degna del peggior neocolonialismo sostenuto dall’impero invisibile ma non troppo delle multinazionali, vangelo dei “neocons” statunitensi. Come si sente spesso affermare che “quella musulmana è una civiltà arretrata e ferma ai canoni dei nostro Medio Evo”, come se la storia delle differenti civiltà dovesse per forza seguire un corso sempre deterministicamente obbligato, sul modello di quello seguito dall’Occidente. Come l’affermazione che l’Islam non ha “conosciuto l’illuminismo”, come se l’Illuminismo fosse solo il luogo delle virtù e delle libertà o come se oggi la nostra civiltà, l’Occidente, il Nord del mondo, gli Usa e la società della globalizzazione non rappresentino altro che il Bene e il Giusto, la Libertà e il Benessere, contrapposti al livore, al fanatismo, alla barbarie. Voglio dire che non accetto che sia una guerra di religione, instaurando una identificazione indebita tra Cristianesimo e Occidente. Certo, ci sono e ci saranno enormi problemi nei rapporti tra il Cristianesimo e l’Islam, ma lasciamoli nel campo loro proprio, quello dei rapporti interreligiosi, quello del dialogo – nella misura del possibile – tra due grandi tradizioni religiose, riconoscendo pure che non potrà che essere già di sua natura un dialogo estremamente difficile, poiché se il cristianesimo è un atteggiamento spirituale, una felice e gioiosa relazione con Dio che mi spinge a trasformare la mia vita e il mondo secondo il progetto che Dio ci ha rivelato, l’Islam è piuttosto un progetto socio-politico-culturale-religioso, dove non contano prima di tutto la spiritualità e la teologia, ma la “giurisprudenza”, la conoscenza precisa delle norme coraniche che regolano minuziosamente ogni aspetto della vita del singolo e dell’insieme dei musulmani.
Ma la guerra che l’Occidente sta conducendo con l’Islam è tutt’altra cosa. Io penso che in realtà Bush, Bin Laden o quale che sia il nemico di turno dell’Occidente, siano in realtà pedine nella ridefinizione dello scacchiere mondiale dopo la “guerra fredda”, pedine nel “grande gioco” economico delle multinazionali, pedine nel riassetto del mercato del petrolio.
E anche che usa l’Islam come ideologia per la lotta all’Occidente è un cinico stratega politico che cerca di sfruttare la miseria e la frustrazione del mondo musulmano per costruirsi una base di consenso di massa da far valere sullo scacchiere del mondo e della grande economia e finanza.
L’Occidente è in guerra in nome dei diritti dell’uomo – si dice. Vero: proprio quei diritti sempre affermati e proclamati a parole dall’Occidente, ma sempre negati nella pratica (le foto delle torture sono state un’efficacissima difesa dei diritti dell’uomo!). È in nome di questi diritti che europei, statunitensi, canadesi e australiani (un miliardo di uomini, un sesto della popolazione del mondo) possono gestire più dell’80% delle ricchezze e delle risorse del mondo, lasciando agli altri 5 miliardi di uomini meno del 20%? È in nome dei diritti dell’uomo che si lasciano morire centinaia di migliaia di bambini per fame, o per l’embargo come è accaduto in Iraq, o si lascia mano libera ai massacri tribali in Africa cosicché le multinazionali possano assicurarsi il monopolio nell’estrazione delle materie prime indispensabili all’Occidente? È in nome dei diritti dell’uomo che l’America Latina è costretta ad avere milioni e milioni di persone in condizioni sub-umane e ad essere gestita come orto privato delle multinazionali americane che le succhiano tutte le possibilità di vita? E se dovesse scoppiare anche la rabbia e la ribellione di questo Continente? Sarebbe la guerra contro il rigurgito medievale del Cristianesimo, contro il Cristianesimo intollerante e antidemocratico? Allora è l’oscurantismo islamico il colpevole dell’instabilità estrema del nostro mondo o sono nodi della storia che vengono al pettine? La storia ci insegna che le classi dirigenti del mondo arabo sono state create e imposte dall’Occidente: l’Inghilterra ha consegnato l’Arabia ai Sauditi, musulmani fondamentalisti, sottraendola agli hashemiti (creando per loro la piccola e senza risorse Giordania), liberali e amici dell’Occidente, ma con il torto di voler costruire una politica nazionale che avrebbe impedito la speculazione petrolifera; così furono gli Usa a impedire in Iran la rivoluzione liberale di Mossadeq, che voleva nazionalizzare il petrolio, creando così lo spazio e le condizioni per la rivoluzione komeinista; come sempre gli Usa favorirono i talebani in Afganistan e Saddam Hussein in Iraq. Come lo schierarsi unilateralmente dalla parte di Israele, senza riconoscere i diritti dei Palestinesi, sempre più frustrati e delusi, tiene accesa la miccia mediorientale. Teniamo allora distinti, e favoriamo questa distinzione tra i musulmani, Occidente e Cristianesimo, giudicando il primo al culmine di un lungo processo di scristianizzazione giunto ormai ad un indifendibile nichilismo, impegnandoci a recuperare quei valori che in questi ultimi decenni sono stati abbandonati, col risultato che l’Occidente si trova ad essere sì tecnologicamente, economicamente e militarmente forte, ma moralmente debole e intimamente infelice. A nulla infatti servirà la superiorità materiale, se non ci sarà un recupero di saldezza morale e spirituale. Come a nulla serve fornire il “brodo di coltura” del terrorismo con guerre e alleanze che servono solo a regalare ulteriori simpatie al fronte “islamista”. Io non mi sento di difendere un Occidente che non riconosce, di diritto e di fatto, che non c’è pace senza giustizia.
Mi pare che siano profetiche, rilette su scala mondiale e non restringendole solo all’Europa, le affermazioni fatte dal Santo Padre in una sua capitale omelia: «Non sarà che dopo la caduta di un muro, quello visibile, se ne sia scoperto un altro, quello invisibile, che continua a dividere il nostro continente - il muro che passa attraverso i cuori degli uomini? È un muro fatto di paura e di aggressività, di mancanza di comprensione per gli uomini di diversa origine, di diverso colore della pelle, di diverse convinzioni religiose; è il muro dell’egoismo politico ed economico, dell’affievolimento della sensibilità riguardo al valore della vita umana e alla di-gnità di ogni uomo» (Giovanni Paolo II, Omelia a Gniezno, 3 giugno 1997). dwf

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