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"La coscienza del cristiano è impegnata a proiettare nella sfera civile i valori del Vangelo" ____________________________________________________________________________________________________________________

martedì 7 giugno 2011

Il dopo-voto e la svolta mite di un paese stanco delle urla

Il dibattito su vincitori e sconfitti, l'insofferenza dei cittadini, il tramonto di un ciclo ventennale fondato su valori privati e mito dell'individuo: così è cambiato il clima d'opinione. E ha favorito candidati normali
di ILVO DIAMANTI

È in pieno svolgimento il terzo turno di questa lunga stagione elettorale. Il dopo-voto. Coincide con la proclamazione dei vincitori e degli sconfitti. Il confronto politico, in questa fase, riguarda gli attori, ma anche le ragioni che hanno prodotto il risultato. Ebbene, sugli sconfitti, ci sono pochi dubbi. Berlusconi, il Pdl, la Lega. Mentre sui vincitori le interpretazioni appaiono meno convergenti. In particolare, si è fatta largo una spiegazione extraparlamentare. Ben espressa, fra gli altri, da uno studioso autorevole come Luca Ricolfi, sulla Stampa. Il vero vincitore di queste elezioni, secondo questa lettura, sarebbe il "partito di Santoro". Dove militano gli ospiti eccellenti di "Annozero". Di Pietro e Vendola. Sullo sfondo: Beppe Grillo. Una spiegazione condivisa e rilanciata, immediatamente dallo stesso Berlusconi. Il quale ha attribuito la sconfitta ai media ostili. Che avrebbero silenziato il centrodestra (!). Se l'è presa, in particolare, con le trasmissioni faziose della Rai. Sopra tutte, "Annozero". Appunto.
Il risultato delle amministrative, in questo modo, viene ricondotto al paradigma dominante. Che tutto riassume nell'antagonismo tra il berlusconismo e il suo reciproco. L'anti-berlusconismo. Nell'onnipotenza dei media, del marketing. E della personalizzazione. Il solito film, insomma. Protagonisti, Berlusconi e Bossi contro Santoro accanto ai magistrati. Con il Pd e Bersani a far da portaborracce a Vendola e Di Pietro. Perfino a Grillo.
Ammetto che questa narrazione non mi convince. Mi pare poco fondata. E inattuale. Nel teatro diretto da Santoro, negli ultimi mesi, hanno recitato in tanti. Con assiduità. La Russa e Gasparri, Castelli e Salvini. Stracquadanio e Cicchitto. E ancora: la Santanché, Belpietro e Sallusti. Cioè, gli sconfitti. "Annozero", inoltre, ha un pubblico molto ampio. Non solo di sinistra. Ma "fedele". E "politicizzato". Comunque consapevole. Sa già cosa e come votare. Santoro ne rafforza le convinzioni. E poi, se "Annozero" va in onda da anni, perché proprio oggi ha prodotto questi risultati?
Questa "spiegazione", insomma, non "spiega" le novità. Anzi, ne rifiuta l'esistenza. Mentre, a mio avviso, in questa occasione è andato in onda un film nuovo. Ispirato da un clima d'opinione profondamente diverso dal passato recente. Perché risente di una somma di atteggiamenti diffusi da tempo. Che, però, si sono cumulati, fino a giungere a un punto critico. Fino a produrre un brusco mutamento (come ha suggerito Francesco Ramella).
A) L'insoddisfazione sociale nei confronti del mercato e del lavoro. E di chi governa le politiche economiche da un decennio - con una breve pausa.
B) Il divario fra le preoccupazioni dei cittadini e le priorità del governo. Riassunte in una sola. I problemi di Berlusconi con (e contro) la legge.
C) Il fastidio verso il modo in cui vengono affrontate le crisi internazionali.
D) E verso le brillanti avventure di Berlusconi con le ragazze, più e meno giovani.
E) Mentre la crisi economica si acuisce.
All'indulgenza verso tutto ciò è subentrata una crescente insofferenza. E una crescente stanchezza. Verso la vita e la politica, sempre in diretta. Sui media.
Questo clima d'opinione è stato interpretato, quasi somatizzato, dai principali candidati di centrosinistra che si sono affermati. Pisapia: mite di aspetto e nelle parole. Definirlo estremista, agli elettori non viziati da pre-giudizi, è apparso ridicolo. E Fassino. Qualcuno si sentirebbe di definirlo un ultrà? Un gregario dei No Tav e della Fiom? Pare difficile perfino immaginare che sia stato comunista, in passato. Appare, invece, il giusto seguito di Chiamparino. Un sindaco apprezzato perché misurato. E realista. E Merola? Tanto poco pop da non sospettare che il Bologna calcio giocasse in serie A. Un amministratore sotto-traccia e quasi anonimo. Dopo l'esperienza di Cofferati e Delbono: un pregio. Roberto Cosolini, nuovo sindaco a Trieste. Proviene dall'associazionismo economico. È uno "normale". Non un super-imprenditore, come Riccardo Illy. Infine Massimo Zedda, nuovo sindaco di Cagliari. Un altro estremista (vendoliano), si è detto. Sarà. Ma a vederlo sembra Harry Potter. Tanto timido che da Santoro non aprirebbe bocca. Mentre da Floris, dove l'ho intravisto dopo l'elezione, la bocca non l'ha proprio aperta. (E anche per questo mi è piaciuto...). Certo, c'è il caso De Magistris a Napoli. Ma Napoli è proprio un "caso". Un'iperbole. De Magistris: un leader senza partito. Certo, non è il gregario di Di Pietro, visto che i rapporti fra i due, per usare un eufemismo, non sono buoni. (Come quelli con Grillo, d'altronde.)
A me pare, insomma, che sia cambiato il clima d'opinione. Che si stia chiudendo un ciclo ventennale fondato, per evocare Albert Hirschman, sui valori privati. Sul mito dell'individuo, della competitività e del mercato. Su un linguaggio aggressivo, carico di paure. Dove parole come solidarietà e bene comune sono tabù. Sulla sfiducia e il distacco verso tutte le istituzioni e dallo Stato. Questo ciclo si sta chiudendo e forse si è chiuso. Per stanchezza e per fatica. In fondo, lo straordinario consenso di cui gode il presidente Giorgio Napolitano ne è prova. Testimonia una diffusa domanda di unità e di riconoscimento. Ma anche di dignità.
Non lo aveva capito il centrodestra. Ha gestito la campagna come uno scontro personale. Berlusconi contro tutti. Non lo ha capito la Moratti, a Milano. Lei, algida e blasée, nel faccia a faccia con Pisapia, si è berlusconizzata a sua volta. Così ha allontanato definitivamente i dubbiosi. E ha segnato la svolta, nella campagna elettorale. Non solo a Milano.
Quanto al presunto trionfo di Sel e dell'Idv, bisogna chiarire. Sel ha effettivamente ottenuto un risultato notevole (come le altre formazioni di Sinistra). Riportando al voto molti elettori delusi. Ma l'Idv ha subito un sensibile arretramento, rispetto alle Regionali dell'anno scorso. Nei comuni maggiori (oltre 15.000 abitanti) ha quasi dimezzato i voti: dal 7,5% al 3,8% (stime di Demos su dati Ministero Interni). A Bologna, Milano, Torino: non ha superato il 5%. Il Movimento 5 Stelle ha ottenuto un buon successo. Soprattutto nelle grandi città del Nord. Nel complesso, è salito dal 2,5% al 3,2%. I suoi elettori hanno votato "contro" tutti, nel primo turno. Non nel secondo. A dispetto dell'indicazione di Beppe Grillo, gran parte di essi ha sostenuto i candidati del centrosinistra. Il 93% a Napoli, il 75% a Milano (flussi elettorali calcolati dall'Istituto Cattaneo).
Infine il Pd. Mi pare francamente singolare il tentativo di ridimensionarne il risultato. In Italia e nel Nord, nei maggiori comuni al voto, oggi è il primo partito. Anche a Milano, fino a ieri capitale del Nord e del centrodestra, ha eguagliato il Pdl. Il capolista Stefano Boeri, sconfitto alle primarie, ha ottenuto un risultato personale importante. Il Pd oggi appare in grado di cementare la sinistra e di linkare con il Terzo polo. Il profilo basso, imputato a Bersani, la sua difficoltà di "fare il capo": è divenuta una risorsa. Anche la sua immagine mite. Certo, resta l'impressione di un partito incompiuto, che non ha risolto i suoi problemi, anzitutto interni. Ma in questa occasione il Pd ha dimostrato potenzialità indubbie - e perfino inattese. Ha promosso e sostenuto candidati propri ma anche quelli dei partiti alleati. Con successo. (Come sarebbe stata possibile la vittoria di Pisapia, Zedda e dello stesso De Magistris, altrimenti?) Senza rimetterci voti (salvo che a Napoli). Al contrario. A conferma della sua vocazione di asse "coalizionale".
Per queste ragioni, personalmente, penso che il risultato del voto amministrativo rifletta un cambiamento d'opinione. Maturato lontano da - e perfino "contro" - "Annozero", Santoro e le televisioni. Segno di una "svolta mite". Che ha reso inutili e perfino controproducenti i comportamenti "vistosi" che fino a ieri garantivano successo. Una "svolta mite". Riflette una domanda di normalità, interpretata da leader politici normali. Poco mediatici. Che non gridano e non urlano, non insultano e non minacciano. Una svolta mite. Confermarla non sarà facile né automatico. Tuttavia, per verificare se il clima d'opinione sia davvero cambiato, c'è un'occasione immediata. I referendum di domenica prossima. Il quarto turno di questa stagione elettorale di svolta.

(06 giugno 2011)

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