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"La coscienza del cristiano è impegnata a proiettare nella sfera civile i valori del Vangelo" ____________________________________________________________________________________________________________________

martedì 31 agosto 2010

Dagli amici...

“Dagli amici mi guardi Dio”, così dicevano gli antichi, aggiungendo poi “che dai nemici mi guardo io!”, per significare come talora sono proprio quelli che tu consideri amici a combinarti dei guai. Il card. Bertone, Segretario di Stato del Papa, è troppo buono per averlo pensato quando ha visto lo scalpore che ha suscitato la notizia della cena in casa del giornalista televisivo Vespa, a cui hanno partecipato anche il Presidente del Consiglio, on. Berlusconi, e il Presidente dell’UDC, on. Casini.
I giornali non si sono soffermati sul singolare gesto di cortesia del card. Bertone verso il noto giornalista, che festeggiava cinquant’anni di giornalismo, né hanno pensato che il cardinale, se pur sapeva chi erano i commensali, doveva aver ricevuto l’assicurazione che l’incontro sarebbe rimasto assolutamente privato. Forse avrebbero potuto sospettare che, per i buoni uffici dell’on. Letta, che è “gentiluomo di Sua Santità” e quindi gode di notevoli entrature in Vaticano, avrebbe potuto assistere a una specie di riconciliazione dell’on. Casini – che, nonostante le sue vicende personali, viene considerato come un tutore della dottrina della Chiesa nella vita politica italiana – con l’on. Berlusconi, che, al di là anche lui delle sue vicende personali, è oggi in qualche difficoltà per le riserve che nel suo stesso partito si pongono ad alcune leggi giudicate di interesse troppo personale e quindi lesive della nozione diffusa della legalità. Ma questo intento, che sarebbe già in qualche modo politico, ma pur sempre di riconciliazione, quindi di ispirazione evangelica, viene scavalcato da chi ritiene invece si tratti di una sponsorizzazione del governo Berlusconi, come il garante dei principi cristiani “non negoziabili”, quali la vita dall’inizio alla fine o la famiglia e l’attività della Chiesa.
È vero che – almeno a parole – il governo mostra di allinearsi ai principi della dottrina della Chiesa, e oggi la gente più che guardare ai comportamenti dei governanti – anche nella loro vita privata – si lascia guidare dalla televisione, che è il messaggero ideologico odierno e che – in Italia – è a stragrande maggioranza portavoce del Governo; ma occorre anche tenere conto che, se la qualifica del cristiano è la carità, la sua formula attuale – al dire di papa Giovanni Paolo II nella Enciclica Sollicitudo rei socialis - è la solidarietà; cosicché non può dirsi veramente cristiano chi – singolo o governo – non promuova e viva la solidarietà.
Ora, se guardiamo alle attività di questo governo, dobbiamo concludere quanto esso sia contraddittorio con questa veramente “non negoziabile” qualifica del cristiano, dal rifiuto degli immigrati, costretti a tornare nelle inumane carceri libiche quando non nelle patrie da cui sono fuggiti in quanto perseguitati politici, alle politiche economiche, che privilegiano i benestanti – tra cui loro, i politici – e rendono sempre più difficile la vita delle famiglie normali e sempre più precario il lavoro, in particolare per i giovani.
Ma è soprattutto l’impressione che viene data – ed è deleteria soprattutto per i giovani – che quello che conta non sia compiere il proprio dovere, essere onesti, contribuire al “bene comune” (pur senza trascurare il “bene individuale”), ma sia invece arraffare più che si può, appoggiandosi ai politici, corrompendo amministratori e – possibilmente – anche magistrati, e collegandosi anche con organizzazioni criminali, soprattutto con quelle più “coperte”. E questo è totalmente diseducativo perché corrode lentamente tutte le strutture morali, al di là addirittura delle battaglie per la vita, nelle quali la prospettiva è chiara e nessuno è obbligato a prendere posizioni che veda chiaramente contrastare le proprie convinzioni. Il Signore Gesù ha messo in guardia da questa scelta di “mamòna”, parola aramaica che traduciamo con “ricchezza” ma che vi aggiunge la sete di potere, e che Gesù pone come la vera alternativa a sé: “O Dio o mamòna”.
Purtroppo il nostro mondo occidentale (e anche il nostro italiano) è impregnato di “mamòna”, e per questo sta perdendo la fede. Credo che pensare a una sponsorizzazione così esplicita della Chiesa a un governo di “mamòna” potrebbe al massimo venire considerato come la scelta di un “male minore”, che dovrebbe comunque essere accompagnata dalla percezione del male in questione e dalla responsabilità degli operatori a rinunciare a quanto costituisce il male. Gesù non disdegnava i pubblicani e le peccatrici, ma cercava di far cambiare loro vita, come fece con Matteo e Zaccheo e con la Maddalena e l’adultera...
Chissà che dagli incontri con il card. Bertone non nascano spinte a “cambiare vita”, per rendere la politica più trasparente, più onesta... sì, anche più cristiana!

3 agosto 2010 - mons. Luigi Bettazzi (vescovo emerito di Ivrea)

sabato 28 agosto 2010

Il blog di Abuna Mario

Per chi vuole essere informato in diretta su ciò che avviene di qua e di là del Muro segnalo il nuovo blog di don Mario Cornioli: http://abunamario.wordpress.com/

mercoledì 25 agosto 2010

Frammenti vocali in MO:Israele e Palestina: Akiva Eldar : nei colloqui diretti le precondizio...

Frammenti vocali in MO:Israele e Palestina: Akiva Eldar : nei colloqui diretti le precondizio...: "Sintesi personaleDue anni fa, un torneo di basket si è tenuto all'Università di Tel Aviv con la partecipazione di gruppi di studenti proven..."

Frammenti vocali in MO:Israele e Palestina: Marco d'Eramo :I CROCIATI DI GROUND ZERO

Penso che il mio blog non abbia lettori leghisti... Posso allora riprendere questo articolo senza timore che fornisca loro nuove idee!

Frammenti vocali in MO:Israele e Palestina: Marco d'Eramo :I CROCIATI DI GROUND ZERO: "Fan della guerra di civiltà, dei razzisti sudafricani e di Milosevic, Pamela Geller, fondatrice di «Stop the Islamization of America», ama ..."

lunedì 23 agosto 2010

ANSA: nessuna risposta...!

Carissimi amici, dopo 6 giorni ancora non ho avuto un cenno di risposta dalla redazione ANSA...ad oggi il muretto di Gilo è stato davvero tolto e di questo siamo contenti anche perchè la giustificazione era che non c'erano più problemi di sicurezza e anche di questo siamo testimoni, ma allora perchè costruire il muro dentro la nostra parrocchia rubando una intera valle se non ci sono nemmeno i famosi motivi di sicurezza?
Ho invitato Ansa a venirci a trovare... sicuramente un corrispondente da Gerusalemme ci sarà e così spero di poterlo incontrare per fargli vedere come ancora oggi i lavori continuano per la costruzione del muro dentro BetJala.
Se qualcuno mi può aiutare a far arrivare ad Ansa la nostra voce gliene sarei grato, perchè non voglio pensare che una agenzia seria come quella Ansa possa comportarsi in modo così incivile negando una risposta alle obiezioni/domande di un povero prete che ogni giorno prova a dare speranze a una comunità che non spera più perchè umiliata quotidianamente e vessata in tutti i sensi!
Un altro episodio di vita quotidiana: sabato avevamo a Nazareth la "sistemazione" di una icona della Madonna degli Scout nella Basilica dell'Annunciazione... in tanti sono venuti dall'Italia e come parrocchia abbiamo chiesto per i nostri scout 250 permessi per partecipare a questa bella manifestazione... abbiamo ricevuto soltanto 50 permessi e di questi molti sono stati dati alla moglie e non al marito e così sono stati soltanto 32 quelli che hanno potuto partecipare alla s.Messa a Nazareth... e tutto questo non è giusto!
E' una vergogna ed è contro qualunque diritto internazionale... ma di questo non frega niente a nessuno... ad Ansa potrà interessare la notizia che in Israele il diritto alla libertà religiosa, il diritto alla libertà di movimento, e tutti gli altri diritti garantiti dalla Dichiarazione Universale dei diritti umani vengono quotidianamente violati?
Tutto questo porterà ulteriore rabbia e ulteriore sangue come ha scritto anche il Papa Benedetto XI qualche tempo fa... e le trattative di pace saranno soltanto ulteriori chiacchiere inutili, buone solo a perdere/prendere tempo per permettere ad Israele di fare solo i propri interessi... ma se non capiamo che il bene altrui è fondamentale per il mio bene sarà un disastro per tutti! Aiutateci a non far accadere questo disastro per il bene di tutti!
Con affetto.
abuna Mario (aiutiamoci a resistere!)

P.S. Vi allego qui la email del del 19 agosto 2010 :

Carissima redazione, non so se avete gia' ricevuto alcune email di dispiacere e di "protesta" per la vostra notizia ansa del ferragosto delle h.14,15 ... sono don Mario e vivo proprio a BetJala e sono molto rattristato per quanto è successo dato che avete tralasciato di dire tutta la verita'... non si rende un buon servizio a nessuno in questo modo... nemmeno ad Israele!
Vi invito a venirci a trovare a BetJala per vedere come in questi giorni le ruspe israeliane stanno devastando la terra dentro la nostra parrocchia e tutto questo creerà ulteriore rabbia e ulteriore violenza... non è questa la strada per avere pace e sicurezza: rubare terra, tagliare ulivi, chiudere l'acqua, essere rimandati indietro ai check point, ecc. ecc. tutto questo sta succedendo... perche' di queste cose per esempio non ne date mai notizia?
Vi invito a venire a vedere da BetJala la colonia di Gilo (non e' un rione... se vogliamo essere proprio corretti) e a vedere il "ridicolo" muretto che stanno togliendo... tra l'altro io ancora oggi 18 agosto alle 14,50 quando sono passato a trovare una famiglia della parrocchia l'ho visto in piedi... ed e' davvero ridicolo in confronto a quello che stanno costruendo dentro i nostri giardini (circa 1 km piu' avanti prendendosi una intera valle e migliaia di ulivi!)
Vi ripeto il mio dispiacere e vi aggiungo la risposta del patriarca emerito Mons. Sabbah alla vostra news (vi risparmio quelle scandalizzate dalle tante persone italiane che conoscono BetJala e la bellezza della sua terra e della sua gente!):
"Ho ricevuto la notizia sulla “bugia” del muro tolto. Viviamo in un mondo di bugie, percio, la pace rimane lontana… ed e questa la ragione fondamentale dell’inefficacia di tutte le trattative e che trasforma questi mezzi di pace in una grande altra bugia: mentire, rubare, costruire il muro, e dare l’immagine che non esiste piu… Comunque Dio è grande ed è buono e giusto. Un giorno, la sua bontà e giustizia prevarrà su tutto il male degli uomini, anche se sono forti e sono i grandi di questo mondo" (Sua Beatitudine Michel Sabbah, patriarca emerito di Gerusalemme).
Anche io credo in Dio e prima o poi la giustizia arriverà.
Vi chiediamo di aiutarci a costruirla cercando di dire tutta la verità!
don Mario

abuna MARIO CORNIOLI
Parrocchia di BetJala
cell. 00972-546-287971
donmario.c@gmail.com

lunedì 16 agosto 2010

Stop alle menzogne!

Ecco la notizia ANSA che ha fatto scrivere tutti i giornali italiani...(guardate su google : muro gilo ) che finalmente il muro a Gerusalemme è stato tolto !
La realtà è un altra ed io che vivo proprio a BetJala e la vedo con i miei occhi non posso tacere di fronte a questa ulteriore "vergognosa menzogna"...

(ANSA) - GERUSALEMME, 15 AGO - L'Esercito israeliano ha iniziato a smantellare
il muro di protezione contro il lancio dei razzi nel rione di Gilo, a
Gerusalemme. I militari hanno annunciato in un comunicato 'il ritorno della
calma' nel settore, e iniziato la rimozione dei blocchi di cemento collocati
nel 2001, dopo lo scoppio della seconda Intifada nell'autunno del 2000. Il muro
e' composto da circa 800 blocchi di cemento piazzati lungo 600 metri di
perimetro.


La notizia è non è del tutto vera e si devono fare delle aggiunte per amore della verità: nella notizia non si dice che questa barriera di protezione alta 2 metri e costruita accanto alle prime case di Gilo, verrà sostituita con una barriera di 8 metri che verrà costruita direttamente dentro la terra della Parrocchia di BetJala e quindi circa 200 mt più avanti rubando una intera valle e tanti campi di ulivi. In questi giorni i lavori per la costruzione della barriera stanno proseguendo senza sosta e soprattutto senza rispetto di nulla, né degli alberi di ulivi, né dei parchi giochi per i bambini, né degli orti di alcune nostre famiglie. E tutto questo non è giusto e per questo siamo rattristati e proviamo amarezza nel sentire come in Italia siano date queste notizie dalla Terrasanta. Purtroppo la notizia che finalmente anche a Gerusalemme i muri cadono è falsa perché la verità che noi vediamo con i nostri occhi e subiamo sulla nostra pelle è un’altra e questa non vien mai detta. Ci domandiamo il perché?
Chiediamo a tutte le persone che ancora hanno a cuore il bene di tutti, di protestare ed indignarsi con chi continuamente stravolge la realtà... e se riuscite, provate anche a scrivere ai vari giornali chiedendo di venire a vedere la realtà e raccontare la verità!
Chi di voi conosce BetJala sa che questa piccola comunità a vissuto in questi anni con molta dignità il furto continuo di terre, lo strangolamento da parte delle colonie ( la stessa Gilo, va detto per amore della verità, è una colonia costruita sulla terra di BetJala)...in questi giorni stanno costruendo migliaia di case in un nuovo insediamento chiamato Har Gilo sulla cima della collina di BetJala, hanno devastato la bellissima collina di Cremisan (luogo famoso per i salesiani e per il vino...)... e tante altre cose che nessuno racconta mai...ma ora è proprio troppo, ora non è accettabile che facciano i belli raccontando a tutti che hanno tolto il muro quando non è assolutamente vero... anzi è tutto il contrario! VERGOGNA!
Un abbraccio anche a nome del mio parroco che non ce la fà più nemmeno a protestare e mi ha incaricato di dargli voce!

abuna Mario Cornioli

Me ne fotto dei sondaggi

Riprendo da Michela Murgia questo articolo. Per chi non la conosce, Michela Murgia è una giovane scrittrice sarda. Consiglio a tutti il suo magnifico libro "Accabadora"... Ne vale la pena!
Questo articolo di Vittorio Zucconi è uscito su Repubblica del 15 agosto 2010. Poiché l'indomani non escono i giornali, c'è una doppia probabilità che venga letto sotto gli ombrelloni e faccia riflettere qualche intollerante nostrano.


Ci volevano fegato, enorme coraggio civile e un pizzico di vocazione al suicidio elettorale per fare quello che il Presidente Obama ha fatto venerdì sera. Una impopolare scelta di civiltà. Il coraggio di schierarsi decisamente, secondo la civiltà e la storia americane a favore della futura moschea a due isolati dagli spettri delle Torri Gemelle, perché gli Stati Uniti d'America sono costruiti sulla libertà di praticare "qualsiasi fede religiosa, da parte di qualsiasi cittadino, in qualsiasi luogo".
In un momento orribile per la sua popolarità che comincia ad avvicinare gli abissi della "zona Bush" e dunque per le fortune del Partito Democratico avviato a una mazzata elettorale storica in novembre, prudenza, opportunismo e astuzia gli avrebbero dovuto consigliare silenzio, su una vicenda che non riguarda direttamente la Casa Bianca e dalla quale lui non ha nulla da guadagnare e dunque tutto da perdere. Preso tra una destra biliosamente demagogica e una sinistra sussiegosamente impermalosita, impaniato in un'economia che non riprende e lo trascina in basso, Obama avrebbe potuto ricorrere al collaudato trucco politichese della "triangolazione" inventato da Bill Clinton: dire una cosa e fare l'opposto.
Clinton avrebbe tuonato contro il fanatismo islamico e sotto traccia avrebbe incoraggiato la comunità musulmana a costruire il proprio centro magari due isolati più lontano, o avrebbe invocato la libertà religiosa, lavorando poi in silenzio per impedire quello che molti newyorkesi considerano un oltraggio alla memoria delle vittime del terrorismo islamista.
Ma Obama non è Clinton. La sua storia personale, la sua natura, la sua aspirazione a essere un leader etico e non soltanto un amministratore, gli ha impedito di guardare dall'altra parte come i suoi stessi consigliori gli raccomandavano. La sua è esclusivamente una religione civile, una fede nell'America della storia e della Costituzione come soltanto i cittadini di prima generazione, quale lui è, e di minoranza etnica che hanno conosciuto il sapore amaro della marginalizzazione, coltivano. Quando l'occasione per un discorso alto, nobile, laico, come sempre magnificamente pronunciato, si presenta, non sa resistere.
Fatta la scelta di parlare, non aveva scelta. Non poteva dire altro che "come cittadino e come Presidente - si noti la precedenza data alla parola cittadino - credo che i Mussulmani abbiano lo stesso diritto di praticare la propria religione di chiunque altro, in questa nazione". Quando ciò che dovrebbe essere sacrosantamente ovvio diventa elettoralmente rischioso, il segno dei tempi non è buono.
Invano il suo addetto stampa Robert Gibbs, ormai avviato al licenziamento, gli aveva raccomandato di tenersi fuori da "una questione strettamente locale" come questa moschea di 13 piani da erigere due isolati a nord dal cratere dell'11/9, che a ormai quasi dieci anni di distanza dal massacro resta un grande vuoto nel cuore di Downtown Manhattan. Il sindaco della città, Bloomberg, si era già detto pienamente a favore della richiesta, nonostante l'opposizione della comunità ebraica. Il potentissimo comitato di zona aveva respinto all'unanimità - evento miracoloso nella città più litigiosa del mondo - una mozione per bloccare il "Centro Cordoba", come i promotori hanno chiamato il progetto, ricordando la grande e squisita città multietnica andalusa governata dagli Arabi fino al XIII secolo. Obama non avrebbe quindi il potere né per bloccare, né per imporre la costruzione.
Se ha sentito il bisogno di intervenire davanti a leader mussulmani e chierici invitati alla Casa Bianca per l'"iftar", il pasto serale che interrompe il digiuno quotidiano durante il Ramadan, è perché Obama si sente l'erede e il custode di una storia che comincia con Thomas Jefferson duecentoventi anni or sono, quando il padre della democrazia americana e della separazione fra Stato e Chiesa s'intratteneva con religiosi mussulmani, perché nella sua vita è stato esposto a culture, esperienze, fedi, etnie diverse che gli rendono incomprensibili l'intolleranza e l'odio che quel cratere nel centro di Manhattan rappresentano. "Capisco le emozioni che questo problema suscita, ma questa è l'America e il principio secondo il quale popoli di ogni fede sono benvenuti, e non saranno trattati in maniere diverse dal loro governo, è parte essenziale di ciò che siamo".
Meravigliosi principi che hanno fatto, più che cannoni e certamente più del dollaro, la grandezza di questa "città sulla collina" che gli Usa sono, ma che politicamente dimenticano una terribile verità: che esiste un'America pre 11 settembre 2001 e un'America post 11 settembre. Una moschea con grattacielo di 13 piani a cento metri da una tomba a cielo aperto scavata da chi uccise credendo di compiere una missione divina appartiene al "dopo". Non ci sono conciliazioni razionali fra coloro che a New York, e nelle schiere dei seguaci di abili manipolatori della politica come Sarah Palin ("una provocazione" ha chiamato quel centro islamico), domandano "perché una moschea proprio lì" e coloro che, come Obama, chiedono: "Perché non lì?" visto che decine di mussulmani morirono quel giorni accanto a cristiani, ebrei, atei.
Infatti, Obama è riuscito a irritare tutti e a non accontentare nessuno, come accade a chi dice la cosa giusta, a parte il promotore del progetto, il costruttore Sharif al-Gamal, entusiasta. Dal mondo arabo e mussulmano arriva l'accusa di fare molto "simbolismo", come fu il celebre discorso all'Islam pronunciato al Cairo, e poca sostanza, mentre il campo di Guantanamo resta aperto e le vittime "collaterali", cioè innocenti, in Afghanistan e in Pakistan sotto i bombardamenti, si accumulano. La principale organizzazione ebraica degli Usa, la Anti Defamation Ligue, lo critica e si oppone ferocemente alla moschea, tra le grida e gli strepiti dei repubblicani che accusano il Presidente di "sacrilegio".
E l'economia, che è il solo altare ai cui piedi alla fine ogni tabernacolo, ogni Libro, ogni paramento, ogni fede in America s'inchinano, resta una dea immusonita e incollerita che chiederà il sacrificio civile di un presidente, di Obama, che troppo ancora crede alla civiltà della politica e allo spirito dell'America, anche, e soprattutto, quando brutalmente ferita e offesa dai barbari.

venerdì 13 agosto 2010

Dodici donne israeliane: "Noi non obbediremo!"

Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione la seguente lettera aperta pubblicata come annuncio a pagamento sul quotidiano israeliano "Haaretz" il 6 agosto 2010] - da TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 280 del 12 agosto 2010


Venerdi' 23 luglio 2010 abbiamo fatto un viaggio, una dozzina di donne ebree israeliane ed una dozzina di donne palestinesi della West Bank con quattro loro figli, fra cui un neonato. Abbiamo viaggiato in auto attraverso le colline interne del paese (“Shfela”) e fatto un giro turistico di Tel Aviv e Yaffa insieme. Abbiamo pranzato in un ristorante, preso il sole e passato veramente dei bei momenti sulla spiaggia. Siamo tornate attraverso Gerusalemme ed abbiamo guardato la citta' vecchia da lontano.
La maggior parte delle nostre ospiti palestinesi non aveva mai visto il mare (che e' a meno di 60 km dalle loro case). La maggior parte di esse non ha mai avuto la possibilita' di pregare nei propri luoghi sacri a Gerusalemme - Al Quds, e li hanno osservati con desiderio da Monte Scopus.
Nessuna delle nostre ospiti aveva un permesso di ingresso in Israele. Le abbiamo fatte passare attraverso i posti di blocco nelle nostre automobili, sapendo di violare la “Legge di ingresso in Israele”. Lo annunciamo qui apertamente.
Questo viaggio comune e' stato organizzato quale risposta alla denuncia presentata dallo stato alla polizia contro una di noi, Ilana Hammerman, per un viaggio simile che lei ha fatto con tre giovani donne palestinesi. Abbiamo deciso di agire nello spirito di Martin Luther King e di mostrare simbolicamente che noi non riconosciamo leggi immorali e ingiuste.
Non riconosciamo legalita' alla “Legge di ingresso in Israele”, una legge che permette ad ogni israeliano ed ogni ebreo di viaggiare liberamente in qualsiasi parte della terra fra il Mediterraneo ed il fiume Giordano, ma che nega lo stesso diritto ai palestinesi, nonostante questo sia anche il loro paese. Questa legge li spoglia del diritto di visitare citta' e villaggi lungo la “Linea Verde”: luoghi in cui essi hanno profonde radici familiari, di eredita' culturale e di legami nazionali.
Percio', abbiamo obbedito alla voce della nostra coscienza e ci siamo prese la liberta' di condurre delle donne in alcuni di questi luoghi. Noi e loro ci siamo assunte il rischio insieme, con chiarezza di mente e forte convinzione.
In tal modo, noi israeliane abbiamo guadagnato un altro grande privilegio, il fare esperienza nella nostra nazione, una nazione che vive sulla sua spada, di uno dei giorni piu' belli ed emozionanti della nostra vita: aver conosciuto coraggiose donne palestinesi, piene di gioia di vivere, l'aver passato del tempo assieme a loro ed essere state libere assieme a loro, anche se per un solo giorno.
Non abbiamo portato in auto “terroriste” ne' “nemiche”, ma esseri umani, nostre simili. Le autorita' ci separano con barriere e posti di blocco, regole e regolamenti. Non per salvaguardare la nostra sicurezza, ma per santificare l'ostilita' e perpetuare il controllo di terra illegalmente sottratta ai legittimi proprietari. Questo ladrocinio di massa e' stato compiuto in violazione di tutte le leggi e convenzioni internazionali; viola i valori universali dei diritti umani, la giustizia e l'umanita'.
Non siamo noi a violare la legge, lo stato di Israele e' stato il violatore in capo per decenni. Non siamo noi, donne con una consapevolezza civile e democratica, ad esserci spinte troppo in la'. E' lo stato di Israele che ha passato i limiti e che ci sta conducendo in un precipizio e forse persino all'autodistruzione.
Chiamiamo i cittadini di Israele ad ascoltare le parole di Henry David Thoreau, un pensatore americano del XIX secolo, che nel suo famoso trattato sulla Disobbedienza civile scriveva: “Quando un sesto della popolazione di una nazione, che si suppone essere il rifugio della liberta', e' in schiavitu', ed un intero paese e' ingiustamente rovesciato e conquistato da un esercito straniero, e reso soggetto alla legge marziale, io penso che non sia mai troppo presto per gli uomini onesti ribellarsi e rivoluzionare la situazione. Cio' che rende questo dovere ancora piu' urgente e' il fatto che il paese cosi' conquistato non e' il nostro, e' nostro l'esercito invasore”.
Ascoltate queste parole, guardate come si adattano bene alla situazione in cui la nostra nazione ha portato se stessa, e a quello che abbiamo fatto.

Ilana Hammerman, Jerusalem
Annelien Kisch, Ramat Hasharon
Esti Tsal, Tel Aviv
Daphne Banai, Tel Aviv
Klil Zisapel, Tel Aviv
Michal Pundak Sagie, Herzlia
Nitza Aminov, Jerusalem
Irit Gal, Jerusalem
Ofra Yeshua-Lyth, Tel Aviv
Ronni Eilat, Kfar Saba
Ronit Marian-Kadishai, Ramat Hasharon
Ruti Kantor, Tel Aviv